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Morire per Danzica?

Alla vigilia dell’invasione hitleriana della Polonia un articolo pubblicato in Francia aveva sollevato la questione sul da fare. Hitler aveva inviato un ultimatum su Danzica, il porto polacco sul Baltico, di cui chiedeva la restituzione. La richiesta era di trasferire il controllo della città libera di Danzica dalla Polonia alla Germania. Un ultimatum.

Sul giornale francese L’Oeuvre comparve dunque l’articolo del neo-socialista Marcel Déat dalla titolazione restata famosa: “Morire per Danzica?”.

La risposta di Déat era no.

La Francia secondo Dèat non aveva alcun interesse a difendere la Polonia e secondo lui il cancelliere tedesco Hitler sarebbe stato soddisfatto dopo aver ricevuto il territorio che giustamente secondo Dèat rivendicava.

Déat non mancava di accusare i polacchi di essere dei guerrafondai e di voler trascinare l’Europa in una guerra.

Déat sosteneva che i francesi non avrebbero dovuto essere chiamati a morire per l’irresponsabile politica polacca ed esprimeva dubbi sul fatto che la Polonia sarebbe stata in grado di combattere per un periodo di tempo significativo.

Ps: Dèat non fu l’unico ad assumere questo atteggiamento nei confronti di Hitler. Il movimento contro il coinvolgimento nella nuova guerra assunse perlopiù caratteri di destra e di estrema destra. In Inghilterra fu guidato in particolare dalla British Union of Fascists di Oswald Mosley. Negli Stati Uniti fu attivo il movimento di destra Mother’s Movement guidato da Elizabeth Dilling. Molto seguito fiu poi Padre Charles Coughlin, un  sacerdote cattolico di origine canadese, assai seguito nelle sue trasmissioni radiofoniche.

Il caso più forte in Europa fu senz’altro quello posto dalle posizioni di Déat, in seguito membro del governo collaborazionista di Vichy e condannato a morte in contumacia alla fine della guerra: Déat fuggì allora in Italia, usufruendo della “rotta dei ratti” in Alto Adige gestita da sacerdoti cattolici e riparando alla fine in un convento di Torino dove morì nel 1955. I suoi resti in seguito sono stati traslati nel cimitero della famiglia della moglie Hélène Delaveau a Rozet-Saint-Albin nell’Aisne della Francia nordorientale, un paesino di meno di trecento anime.

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