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Per Marcello Gentili, una vita per gli ultimi

Avvocato Marcello Gentili, difensore di parte civile…
Quante volte l’ho sentito pronunciare questa formula alzandosi in mezzo agli avvocati di fronte a una corte in cui si celebrava un processo per crimini orrendi come quelli perpetrati contro i desaparecidos, ma ancora prima per la morte oscura di un anarchico caduto dal quarto piano di una questura oppure poi per le povere vittime di una strage folle come quella nazifascista alle Fosse Ardeatine.
Mentre interveniva in aula Marcello non sentiva spesso i richiami della corte, andava avanti per la sua strada, era lì a rimarcare in un paese spesso alquanto smemorato ciò che invece andava ricordato.
I processi per i desaparecidos sono stati il teatro della sua attività negli ultimi vent’anni (e qualcosa di più), a fianco di un collega più giovane di studio come Nicola Brigida e con Giancarlo Maniga..
Gentili ha avuto un modo tutto suo di affrontare questi processi. Va detto.
Per lui questi processi venivano affrontati pagandosi di tasca propria i patrocini offerti gratuitamente ai familiari delle vittime. Marcello non faceva troppo caso a questi problemi, partecipava con convinzione e dedizione, offrendo un apporto straordinario di competenza e conoscenza dei fatti.
L’ho visto all’opera nelle udienze per l’omicidio di Omar Venturelli, un italiano cileno prete poi sospeso a divinis da superiori fascisti, fatto “scomparire” dai golpisti cileni dopo l’11 settembre del 1973, un uomo che si era schierato a fianco dei mapuche (di cui oggi si tornano a ricordare le sorti parlando magari dei Benetton).
In aula accanto a Marcello c’erano allora la vedova Fresia e la figlia di Omar, Maria Paz Venturelli.
So che quest’ultima ha scritto su Gentili per il Manifesto che uscirà domenica. Mi fa molto piacere. Pacita aveva solo tre anni quando suo padre Omar era stato eliminato dagli sgherri di Pinochet. Pacita che poi con la madre riuscì prima a salvarsi dentro l’ambasciata ìtaliana a Santiago (saltando di notte quel muro di cinta alto oltre due metri, eludendo la sorveglianza armata dei soldati golpisti) e dopo ad espatriare raggiungendo l’Italia vive oggi in Emilia…
Marcello era un grande conoscitore dei misfatti dei golpisti latino-americani, la sua scomparsa è una grande perdita.
Ma a lui devono portare riconoscenza anche altri familiari, come quelli delle Fosse Ardeatine, e le Comunità Ebraiche.
Era stato lui ad affrontare infatti un complicato viaggio in Argentina per andare a scovare il capitano delle Ss Erich Priebke rifugiato in un paesino andino, San Carlos de Bariloche. Lassù si era spinto in compagnia di Giulia Spizzichino, una signora ebrea romana che ha avuto oltre venti familiari sterminati dalla furia nazifascista tra Fosse Ardeatine e lager.
E’ stato grazie a quel viaggio che poi l’Argentina ha dovuto mandare in Italia il capitano delle Ss perché venisse processato.
E ancora prima va ricordato il Marcello Gentili che si occupa della strage di Piazza Fontana e della morte di Giuseppe Pinelli. In aula per il processo Calabresi-Lotta Continua Marcello insieme a Bianca Guidetti Serra, difensori di Pio Baldelli direttore del giornale, hanno rappresentato a quel tempo il coraggio di chi chiedeva la verità. Una verità che a distanza di cinquanta anni non ci è stata ancora data. E poi la difesa di Adriano Sofri.
Grazie Marcello per tutto quello che hai fatto, anche con i tuoi disegni usando vecchie pagine del Corriere della Sera o di altri giornali su cui hai disegnato le tue eleganti silhouettes (nella foto a una tua mostra a Roma).
Ci mancherai, con la tua eleganza e quel ciuffo di capelli un po’ ribelle nonostante l’età. E con la tua disponibilità come quando mentre scrivevo il mio libro su Pinelli ti sei messo volentieri a scartabellare tra quei lontani faldoni che ancora conservavi a casa tua. I più importanti però hai avuto l’intelligenza di darli alla Casa della Memoria di Brescia dove costituiscono uno dei più significativi lasciti giudiziari. Un fondo che porta il tuo nome. Grazie ancora, Marcello.

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