Informazioni che faticano a trovare spazio

Armi chimiche e cibo avvelenato contro i profughi del Darfur. Nel silenzio dell’Occidente

Avvelenano gli aiuti umanitari ai profughi. Sorgo e riso inquinati da veleni mortali. Inquinate anche le fonti idriche, con morie non solo di umani manche di greggi di pecore.

Succede nel Darfur sudanese, lontano dagli occhi di tutti.

A darne conto in mezzo a una serie lunghissima di insulti micidiali nei confronti della vita e della libertà di milioni di persone è stato oggi, presso la Federazione nazionale della stampa italiana, un convegno dedicato al Sudan e a quello che vi succede.

Darfur, un territorio quattro volte l’Italia, con cinque stati interni e altrettanti campi profughi in cui sono oggi segregati 2,8 milioni di profughi. Li gestisce un paese in cui non esiste la libertà di stampa e in cui le donne profughe vengono normalmente stuprate in mezzo a una campagna violenta di “arabizzazione” del territorio con grave danno di chiunque altro a partire dai cristiani che hanno registrato l’abbattimento di ben 25 chiese.

Mohamed Yassin ricercatore sudanese formatosi in Italia e poi riparato in Inghilterra ha raccontato molte di queste sfaccettature ignobili, aiutato dalla giornalista di Articolo 21 Antonella Napoli che al Darfur ha dedicato articoli e video.

Sullo sfondo un governo che agisce nella più totale illegalità sottraendosi alle inchieste internazionali e al giudizio al quale è stato nel frattempo sottoposto.

In mezzo una forza Onu peacekeaping che dopo aver avuto 68 caschi blu uccisi oggi tende a dirigersi verso il disimpegno.

Situazione tanto più grave perché in questo territorio, appartenente al secondo paese più grande africano (40 milioni di abitanti), sono ospitate anche le scuole formazione per integralisti islamici e terroristi a partire da Daesh.

Che fare?

L’appello lanciato ai giornalisti per occuparsi di questo mondo sottratto all’attenzione internazionale non deve restare inascoltato. Anche perché recentemente Amnesty International ha dato notizia dell’uso di armi chimiche contro i villaggi dei profughi senza che questo atto criminale abbia ricevuto l’attenzione dovuta. Sul Sudan, da dove sono emigrati ben 9 milioni di profughi diretti verso l’Europa quando sono riusciti a raggiungerla,  regna invece il silenzio.

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