Gli ebrei della Resistenza italiana, un promemoria che l’Anpi dovrebbe scrivere e distribuire
L’Anpi di Roma avrebbe dovuto da tempo redigere un pro-memoria sugli ebrei nella lotta contro il nazifascismo in Italia. Questo scritto, doveroso di fronte a molta ignoranza e tanto oblio, avrebbe dovuto spiegare che cosa fu allora la Jewish Brigade, sì, oggetto da anni di intollerabili attacchi, ma anche e soprattutto del ruolo svolto dai combattenti ebrei nelle file della Resistenza italiana. Argomento quest’ultimo dimenticato assai e non solo dall’Anpi romana.
L’Anpi romana non lo ha fatto, ma non lo ha fatto neanche l’Anpi nazionale. Male. Redigo pertanto questo piccolo pro-memoria perché rimedino, se vogliono come spero ricucire la situazione con la Comunità ebraica di Roma che per parte sua ha orgogliosamente eretto a barricata la questione della Jewish Brigade ricordata oggi a via Balbo anche con personaggi come Brunetta o Casini.
Ma Brunetta e Casini che cosa hanno da spartire con gli ebrei che combatterono il nazifascismo?
Vorrei innanzitutto ricordare che l’impegno antifascista e antitotalitario degli ebrei, italiani e non, diciamo europei, si era già espresso attivamente prima della guerra di Resistenza in Italia. Già nella Guerra di Spagna, tra i 50.000 volontari delle Brigate Internazionali gli ebrei censiti come tali furono più dl 8.000, costituendo il gruppo più numeroso.
Nella Resistenza in Francia l’apporto degli ebrei fu notevole, e oltre ad aderire massicciamente alle formazioni partigiane nazionali, si costituirono formazioni ebraiche come l’Armée Juive e la comunista Main d’Oeuvre Immigrée.
In Italia, all’interno delle truppe alleate, combatté la Brigata Ebraica, formatasi in Palestina, e che, a fianco del Gruppo di Combattimento Friuli, sfondò la Linea Gotica il 27 marzo 1945. Certo. Ma anche i duemila ebrei che hanno partecipato attivamente alla Resistenza.
Sono stati infatti censiti in un migliaio i partigiani ebrei, ai quali se ne devono aggiungere altrettanti nella veste di “patrioti”, con la massima concentrazione (700 circa) in Piemonte. La percentuale, pari al 4 per cento della popolazione ebraica italiana, è di gran lunga superiore a quella degli italiani nel loro complesso.
Circa 100 ebrei caddero in combattimento o, arrestati, furono uccisi nella penisola o in deportazione; otto furono insigniti di medaglia d’oro alla memoria; Eugenio Colorni, Eugenio Curiel, Eugenio Calò, Mario Jacchia, Rita Rosani, Sergio Forti, Ildebrando Vivanti, Sergio Kasman.
Ancor prima della Resistenza vera e propria ci sono le giornate di Napoli. Ebbene in prima fila c’erano gli ebrei Bettino Voghera, Osvaldo Tesoro, Ferruccio Ara, Mosé De Fez…
Tra gli esponenti ebrei di maggior rilievo della Resistenza si annoverano: Enzo Sereni, Emilio Sereni, Vittorio Foa, Carlo Levi, Umberto Terracini, Leo Valiani, Elio Toaff, Primo Levi (nella foto con la sorella Anna Maria, anche lei partigiana).
Fra i caduti, vanno ricordati il bolognese Franco Cesana, il più giovane partigiano d’Italia (aveva tredici anni), i torinesi Emanuele Artom e Ferruccio Valobra, i triestini Eugenio Curiel e Rita Rosani, il milanese Eugenio Colorni, il toscano Eugenio Calò, gli emiliani Mario Finzi e Mario Jacchia, e l’intellettuale Leone Ginzburg.
Molti ebrei tornarono appositamente dai luoghi di emigrazione o di rifugio, come Enzo Sereni, poi morto in deportazione, che era in Palestina, e Gianfranco Sarfatti, morto in combattimento, che si trovava in Svizzera. Dalla Svizzera tornò anche Luigi Davide Da Fano.
Ebrei erano Enzo Riccardo Cavaglion a Cuneo, Eugenio Gentili Tedeschi in val di Cogne, Silvio Ortona nel Biellese, Franco e Mila Momigliano, Vanda Maestro, Haim Vito Volterra nelle Marche, Giorgio Nissim in Toscana…
Il contatto tra la Resistenza e gli ebrei, braccati e clandestini, fu evidente anche in alcune iniziative di aiuto e soccorso, come il Comitato Assistenza Ebraica nato nell’estate del 1944 su iniziativa di Bruno Segre e di alcuni partigiani ebrei che operavano nel cuneese. Il programma del comitato prevedeva il soccorso ai detenuti in carcere, l’aiuto economico e morale ai bisognosi, la distribuzione di documenti d’identità falsi, la raccolta di notizie sulla sorte dei deportati, l’avvio della compilazione degli elenchi dei criminali di guerra nazifascisti, dei delatori e delle spie.
Molti di loro hanno a lungo sorvolato sulle proprie origini. Molti di loro avevano nomi di battaglia non ebraici, Isacco Nahoum si chiamava Maurizio Milan, Mario Fiorentini dei Gap di Roma era “Giovanni”…
Ada Della Torre, ebrea piemontese e partigiana tra Ivrea, il Biellese e Torino ha spiegato bene nello scritto “Mi ero dimenticata di essere ebrea” questa situazione. Da giovane partigiana di base era infatti andata al funerale di due vittime dei fascisti a Torino, le sorelle Arduino Vera e Libera, funerale che fu poi attaccato dai fascisti in armi.
“Ada Gobetti, in casa sua, era in pensiero – ha scritto -. Aveva intimato a noi e a tutte le altre del Partito d’Azione di andare da lei dopo la manifestazione. Vi trovammo un gruppo abbastanza consistente di ragazze. Subito lei disse a noi due: «Sono stata tanto in pensiero per voi, ho avuto un gran rimorso quando ho saputo che voi siete andate». E io: «Perché ti preoccupi tanto di noi due?». Ada Gobetti mi guardò stranita, e mi chiese: «Ti sei dimenticata di essere ebrea?».«È vero” dissi, me ne ero dimenticata”.
Prevalse allora l’essere partigiani. Ce lo spiega il comportamento del partigiano Primo Levi che al momento del suo arresto prima di essere deportato si qualifica come “ebreo” e non come “partigiano”: Levi in quel momento pensava di optare per la soluzione meno compromettente, cioè evitare la fucilazione immediate, se migliore si può considerare l’opzione della deportazione ad Auschwitz Birkenau dove fu mandato.
E deportati furono i partigiani Emilio Sacerdote, nella Resistenza con la moglie Marina e la figlia Consilina, così come Vanda Maestro…
Alle Fosse Ardeatine a Roma è stato ucciso il partigiano romano Marco Moscati “Marchello” che era inquadrato tra i partigiani dei Castelli insieme all’ebreo Alberto Terracina sotto la direzione dell’ebreo genovese Pino Levi Caviglione. Ebrei erano i fratelli Helfer che hanno combattuto in Abruzzo…
Tutti oscurati, non è vero, in questa polemica che ha macchiato indelebilmente la memoria della Resistenza in Italia. Eppure ci sono bei libri come quello di Mario Avagliano e Marco Palmieri o le storie raccolte da Italo Poma e Domenico Gallo, o ancora le ricerche di Viviana Ravaioli, che possono aiutare l’Anpi – e chi per lei – a ricordare in modo sereno e utile tutto questo.
Vedi
Gli ebrei italiani nella Resistenza, Viviana Ravaioli in “La Rassegna Mensile di Israel”
Mario Avagliano e Marco Palmieri, Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia. Diari e lettere 1938-1945, Einaudi 2010
Italo Poma e Domenico Gallo, Storie della Resistenza, Sellerio editore (comprende anche “Mi ero dimenticata di esser ebrea”, di Ada Della Torre)