Giolitti nel 1908 cercò di “negare” l’esistenza stessa del terremoto di Messina e Reggio, centocinquantamila morti. Ecco dal mio libro La lunga notte dei Mille:
“A Roma, nel pomeriggio, a palazzo Braschi, sede del governo le notizie si accavallano incerte. Esce ilo presidente del consiglio Giovanni Giolitti, affronta una torma di giornalisti, dice con affanno: <Non è possibile! Abbiate pazienza! Attendete prima di diffondere la notizia, qualcuno ha confuso la distruzione di qualche casa con la fine del mondo! “.
Passiamo al Belice, questo è quanto ho scritto da poco per il mio nuovo libro sul ’68, che uscirà in autunno. Ecco dunque cosa capitò il 10 luglio del 1968 ai 15 mila terremotati del Belice che a sei mesi dal sisma avevano osato andare a Palermo sotto la sede della Regine Sicilia. Lo racconta Giorgio Frasca Polara, allora giovane cronista dell’Unità:
“Ultima tra le violenze morali e materiali sofferte per sei mesi dalle vittime del terremoto siciliano, anche la violenza fisica è stata scatenata contro migliaia di sinistrati che dalla devastata valle del Belice avevano marciato su Palermo – i loro sindaci alla testa di un immenso corteo – per affermare il loro diritto a una vita civile…”.
Il cronista non nasconde il suo sdegno per lo spettacolo a cui ha dovuto assistere, la manifestazione dei poveri terremotati del Belice attaccata dalla polizia che non ha risparmiato atti di crudeltà vera e propria. La polizia ha anche sparato, per fortuna nessuno è stato colpito. Nel titolo il giornale del Pci ricorda che “dopo duecento giorni di calvario…” “hanno conosciuto la violenza poliziesca”.
Sono in 15 mila, vengono dal martoriato Belice, nella notte tra il 14 e il gennaio hanno subito un sisma di magnitudo 6.4, i morti sono stati oltre trecento, mille i feriti, 70 mila i senza casa. Ora, a sei mesi di distanza dal terremoto, lasciate le tende sono arrivati a Palermo dove sono guardati come bestie da tenere a bada, la delegazione viene ricevuta in modo spiccio dal presidente, il trattamento scatta poco dopo davanti al palazzo Orleans.
“…il volto delle cariche, delle pistolettate, delle bombe lacrimogene, dei manganelli, dei moschetti – ecco cosa hanno conosciuto i terremotati, scrive il giornalista dell’Unità -. Al termine di mezz’ora di tregenda, si contavano tra i sinistrati decine e decine di feriti e tra questi donne, vecchi, bambini inseguiti anche a colpi di pietra, braccati da una gi9gantesca caccia all’uomo, e poi paurosamente pestati”.
E’ bastata una buccia di cocomero – di nuovo il cocomero, come a Narita, in Giappone – che viene tirata ai piedi di un ufficiale di polizia per scatenare una guerra contro questa povera gente che si è ammassata di fronte al Palazzo dei Normanni dopo un lungo viaggio partito dai paesi devastati. Vengono da Gibellina, Menfi, Montevago, Santa Margherita, Santa Ninfa, Salemi. Sono i superstiti del catastrofico terremoto che il 15 gennaio ha distrutto la valle del Belice facendo trecento morti.
Sono a Palermo per vedere se viene approvata – e lo sarà – una legge regionale d’iniziativa comunista che deve soccorrerli, dopo tante parole e il pugno di mosche che hanno in mano. Ora davanti al Palazzo polizia e carabinieri li incalzano, però, cercando di farli arretrare, un agente prova a strappare un cartello. E’ allora che è volata la fetta di cocomero. Subito dopo sono avanzati i poliziotti, con i tromboncini innestati sui moschetti per le bombe lacrimogene. La folla è arretrata impaurita. “Diamogli addosso a queste carogne”, grida un ufficiale riportato dal giornalista presente.
E poi ecco cosa succede: “Tra i primi a cadere è una giova ne donna di Menfi, Antonina Sbrigata, lo sposo emigrato in Germania, tra le braccia una bimba di due mesi partorita in tendopoli. Un poliziotto le stringe il collo fino a soffocarla;L lew afferro la bimba urlante mentre Ludovico Corrao strappa a stento quella donna a quella furia insensata. Un sottufficiale dei carabinieri mira ad un ragazzo con pietre grosse come un bicchiere. Un agente basso e piuttosto magro – testimonierà Corrao – estrae la pistola e svuota il caricatore contro i fuggiaschi. L’ex vicesindaco di Castelvetrano si prende un “farabutto” sputato in faccia e per sopramercato una gragnola di colpi bdi manganello: ai suoi piedi raccolgo il manico di uno sfollagente, gliel’hanno spezzato su una spalla…”.
Corrao era allora parlamentare del Pci e di lì a poco sarebbe stato eletto sindaco di Ghibellina.
E’ davvero una scena apocalittica quella che si svolge davanti al Palazzo dei Normanni di Palermo. Apocalittica quanto gratuita.
“Sulla testa di Antonino Ranieri, contadino settantunenne da Menfi – prosegue la precisa cronaca del cronista -, si abbatte il calcio di un fucile: il compagno on. Attardi gli praticherà una delicata e lunga sutura bell’infermeria dell’assemblea. Ora è grave come Paolo Villafiorita, segretario della nostra sezione di Vita, 60 anni, che per lo shock e i gas ha un tracollo cardiaco e viene ricoverato all’ospedale…”.
Ma come è possibile tutto questo? Lo chiedono al Questore un senatore del Pci, Cipolla, e il capogruppo del Psiup all’assemblea regionale, Corallo. E il Questore risponde che l’ordine era di non intervenire.
“Ma mentre parla – incalza Frasca Polara –, i sinistrati vengono inseguiti e picchiati a sangue sin giù ai Quattro Canti, mezzo chilometro verso il mare, e su, sino a piazza Indipendenza…”.
Per chi conosce Palermo non è piccolo la spazio dal Palazzo dei Normanni ai Quattro Canti, altro che sbavature in uno scenario di cariche di polizia. A Piazza Indipendenza “ad un ragazzinoi di Ghibellina – uno dei superstiti del paese martire del terremoto, che ha pagato con cento e più morti la cronica miseria della vallata – un poliziotto gli sbatte ripetutamente e con violenza la testa contro i bastioni di Porto Felice”.
E ancora: “Nei giardini di Villa Bonanno invasi dai gas un gruppo di sinistrati rovescia una camionetta per cercare riparo dalla furia selvaggia…”.
Intanto stanno accorrendo consiglieri comunisti e anche democristiani, sp0ocialisti, liberali. “Alcuni dei deputati vengono aggrediti e pestati, come i giornalisti e i fotografi. Torneranno poco dopo su per denunciare quello che sta accadendo. Il presidente di turno dell’assemblea, on. Anna Grasso, sospende per protesta la seduta e fa cacciare la polizia e i carabinieri dal palazzo…”.
Più tardi i terremotati, dopo questo difficile viaggio a Palermo durato 26 ore, se ne tornano alle loro misere tendopoli…
Le ultime 250 baracche con i tetti in eternit sono state smantellate solo nel 2006”.
(L’immagine con la scritta viene dal Belice)
E ora? Ora tocca ai terremotati di Amatrice fare i conti col governo di turno…