Se ne torna a parlare martedì 24 gennaio alla Casa della Storia e della Memoria a Roma alle 17 per iniziativa dell’Anei, l’associazione dei soldati deportati in Germania. Viene proiettato di nuovo “Nella sabbia del Brandeburgo”, un film sulla strage realizzato da Out of focus filmproduktion di Berlino, registi Katalin Ambrus, Nina Mair e Matthias Neumann. Il documentario, in gran parte in italiano e con parti in tedesco sottotitolate, ricostruisce la strage del 23 aprile 1945.
Soldati della Wehrmacht tedesca fucilano 127 internati militari italiani in una cava di sabbia a Treuenbrietzen (Brandeburgo). La strage viene dimenticata. Dopo decenni però il ricordo riemerge. Quando gli abitanti della città cominciano a confrontarsi con il passato, tornano alla luce i ricordi soffocati di quegli atti di violenza perpetrati negli ultimi giorni di guerra
Interverranno Carmine Mancini, figlio di un Caduto nella strage, il colonnello Antonino Zarcone, storico militare ed io. Coordina per l’Anei Anna Maria Casavola.
Qui di seguito ripubblico quanto ho scritto in occasione di una precedente proiezione del film.
Le Fosse Ardeatine dimenticate. C’è una strage che i tedeschi hanno perpetrato in Germania portando in una cava 127 soldati italiani prigionieri di guerra e sterminandoli tutti, è la strage dimenticata di Treuenbrietzen su cui non è stata fatta giustizia. Un fascicolo è aperto presso la Procura Militare italiana, procuratore Marco De Paolis, ma a tutt’oggi non sono stati ancora identificati i responsabili dell’eccidio.
“La Germania come Stato non ci ha mai aiutato, ma anche lo Stato italiano non ha fatto granché finora”, protesta il figlio di una delle 127 vittime, il romano Carmine Mancini, che da anni cerca di riportare alla luce questa tragedia in cui ha perso il padre Francesco che aveva solo 27 anni. Carmine Mancini ora è un po’ il cuore pulsante del film “Nella sabbia del Branderburgo” che tre giovani documentaristi tedeschi guidati da Nina Mair hanno realizzato da poco e che giovedì viene presentato alla Casa della Memoria di Roma alle 16,30.
Era il 23 aprile 1945, a Treuenbrietzen, nel Brandeburgo, un reparto della divisione Theodor Körner dell’Armata Wenk formata in quello stesso aprile – questo si presume dalle ricerche effettuate anche da uno storico italiano che vive a Berlino, Gianfranco Ceccanei – mitragliò a morte i soldati che fino a quel momento erano stati impiegati in una fabbrica di munizioni, come schiavi, la Kopp & Co Werk di Sebaldushof. Fu un eccidio spietato, gli italiani furono separati dagli altri soldati prigionieri, olandesi, francesi, russi e portati con una marcia di qualche chilometro dal paese di Treuenbrietzen alla cava di Nichel dove furono massacrati. Un eccidio di soli italiani, a cui sopravvissero solo in quattro, coperti dai corpi dei loro compagni uccisi (uno solo è ancora vivo e risiede a Firenze). E solo dal 1992 si è saputo dove sono stati traslati i corpi dei morti, nel cimitero berlinese di Zalendorf, meta da allora degli annuali pellegrinaggi dei familiari delle vittime come Mancini.
“In precedenza abbiamo avuto solo scarne comunicazioni dalla Croce Rossa, nel 1946 e nel 1954, giusto per restituirci poche cose come qualche moneta, una penna per suonare la chitarra, due corde di ricambio, tre foto dei familiari. Mio padre era un agricoltore di Avezzano, era sposato da poco, due i figli che lasciò…Era un caporale carrista e i tedeschi l’avevano catturato il 10 settembre del ’43 a Cormons”.
A rendere più difficili le ricerche ha contribuito anche il fatto che Treuenbrietzen fosse finita nel dopoguerra nella Ddr e che solo dopo la caduta del Muro nell’89 sia diventata raggiungibile. Nelle ricerche sono emersi particolari su quei soldati tedeschi spietati, perlopiù assai giovani, in un taccuino di un certo Goldmann trovato dallo storico Ceccanei si citano il tenente Henk e il suo capo, il maresciallo Keitel. “Perché la Germania della Merkel si sottrae a questo accertamento e non contribuisce a un minimo atto di giustizia?”, si chiede oggi Carmine Mancini.
Paolo Brogi
foto:
Carmine Mancini al cimitero di Zalendorf
Francesco Mancini con la moglie
Francesco Mancini soldato
Treuenbrietzen