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Il bottone di madreperla attaccato a un binario ritrovato in mare…Ciò che resta dei desaparecidos cileni nel film di Patricio Guzmàn

Un bottone di madreperla, intrappolato nelle secrezioni calcaree che il mare ha formato su uno dei pezzi di binario con cui venivano gettati dagli elicotteri in acqua i “desaparecidos” cileni durante la dittatura Pinochet.

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Nel film del cineasta cileno  Patricio Guzmàn dà il titolo nella versione originale, “El Boton de Nacar”,  82 minuti di documentario aspro e visionario, ma anche fortemente capace di denuncia circostanziata, che sta per uscire nelle sale italiane col titolo “La memoria dell’acqua”.

Il tema dell’acqua e della sua memoria serve a Patricio Guzmàn, il cineasta che ci ha dato il miglior documentario sugli anni di Allende e sul golpe con le cinque ore della “Battaglia del Cile”,

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per riunire il destino dei popoli originari della Patagonia oggetto fin dall’800 di una feroce dissoluzione occidentale e quello degli oppositori uccisi dai golpisti del 1973. In particolare per la prima volta vengono mostrate su questo secondo fronte immagini e interviste importanti, se non altro la confessione fatta di fronte alla cinepresa da parte di un meccanico di elicotteri Puma usati dai militari cileni per gettare in mare si calcola tra i 1200 e i 1600 prigionieri.

In questo contesto viene ricordato il ritrovamento di Marta Ugarte, una insegnante comunista portata nel centro di detenzione di tortura Villa Grimaldi e poi gettata in mare. Era l’agosto del 1976. Il suo corpo fu ritrovato ai primi di settembre da un pescatore nella baia Las Ballenas a Los Molles, 182 km a nord di Santiago.

Il film si sofferma sui binari ritrovati nella  baia di Quinteros, nel 2004, durante le indagini fatte dal magistrato Juan Guzmàn. Il cineasta ha filmato il ritrovamento di alcuni di questi binari, che venivano usati per essere sistemati e legati al petto delle vittime col filo di ferro in modo da far restare i corpi gettati dagli elicotteri sul fondo del mare. Di questi corpi non è stato ritrovato nulla, se non quel bottone di madreperla appartenuto a una camicia e oggi conservato insieme ai pezzi di binario ripescati dentro la Corporacion Parque por la Paz Villa Grimaldi a Santiago (nella foto un pannello esposto nel museo).

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In Cile il film, premiato al Festival di Berlino nel 2015 per la sceneggiatura, è stato visto da 13 mila spettatori nelle poche sale che non appartengono ad imprese nordamericane. E’ un documentario dall’ambiziosa carica visionaria, non esente da eccessi di verbosità, che ha dentro però come dicevamo anche un grande repertorio di documenti visivi e sonori assai importanti nella denuncia dei crimini della dittatura. Sono stati i militari golpisti cileni ad inaugurare la pratica assassina dei voli della morte. Poi i loro omologhi argentini ne hanno fatto un uso mostruosamente massiccio.

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