Oggi, 16 ottobre, mia moglie Anna Padovani mi ha inviato questo ricordo di suo padre Paolo:
Da un quaderno ritrovato tra i diari di mio padre Paolo Padovani ecco il ricordo di una giornata speciale a Roma nel 1943, durante l’occupazione nazista: l’incontro clandestino col padre Riccardo
L’Abbraccio
L’abbraccio che mi hai dato,
padre, in quella grigia giornata
d’autunno del quarantatré
lì, nella piazza deserta
di San Pietro in Vincoli,
l’ho desiderato ancora
questa sera che, desolato,
ho sentito l’urto
dell’incomprensione umana
nell’ora dello sconforto
e l’amarezza antica
dell’uomo che non trova
dove appoggiare, fiducioso, il capo
per qualche istante,
quando si sente sperduto
e la speranza è cieca.
Stringerti al petto, padre,
avrei voluto e sentire
il calore forte e vivo del tuo cuore
e vedere occhi
che mi sorressero
quando bambino
avevo timore del buio
e, quando, per colpa degli uomini
la vita già mi appariva
landa desolata e fredda.
Padre mio dolce,
ricordo, come fosse ora,
la tua figura eretta
ed i capelli bianchi
e la voce che prima
commossa, poi più forte,
mi rincuorava alla speranza
“Se ne andranno, i nazisti,
figlio mio – dicevi
tenendomi stretto per mano,
“e torneremo uniti
nel calore della nostra casa”.
Erano i giorni tetri, terribili,
dell’occupazione tedesca e noi,
nascosti, cercavamo
di sfuggire al mostro
sanguinario che
contro ogni legge delle genti
deportava al martirio
crudele di Mauthausen.
Tu e la piccola mamma
dal corpo paralizzato e stanco
eravate ospitati
dalla Suore dei Poveri
di San Pietro in Vincoli.
Massimo ed io dormivamo
invece in un gelido deposito
tra i tufi oscuri della Garbatella,
braccati, ancora ragazzi, come belve
dalla stupida ferocia dei fascisti.
Quel pomeriggio, ora lontano,
dopo interminabili mesi di paura,
avevamo deciso d’incontrarci
(sospettosi ma increduli ancora
che l’agguato del tedesco
ci fosse teso ad ogni strada)
lì nella piazza solitaria
del San Pietro in catene
(ove fiera s’aderge
per contrasto luminoso
la figura del Mosè
michelangiolesco).
Ed il tuo abbraccio,
che invoco oggi, come allora,
mi aveva ridato la fiducia
ed il coraggio per lottare,
per non lasciarmi andare
allo sconforto e alla vile
rinunzia alla speranza.
Nel pomeriggio ventoso e freddo,
la piazza sembrava irreale,
e lontani i pericoli
dell’odio razziale
e della folle guerra.
Mi sembravi vecchio,
avevi settantasette anni,
padre mio stupendo,
quando da lontano
ti vidi uscire dal cancello
delle piccole suore francesi,
vecchio e cadente,
e venirmi incontro
appoggiato al bastone
e chiuso nel mantello
triste dei ricoverati.
Ma quando mi sei stato accanto
ho visto il calore degli occhi,
ed ho sentito la forza
invincibile e pura
del tuo grande amore.
Un’ondata di luce
gioiosa mi ha investito
e mi ha ridato
disperata voglia
di vivere ancora
e di lottare senza paura.
Il tuo lungo abbraccio,
padre, lo risento ancora
forte e deciso come allora
e per esso avrò la forza,
te lo prometto senza timore,
di non piegare il capo,
di stringere i denti
e, deciso, andare avanti
a testa alta, come tu volevi,
con rinnovato coraggio.
Padre, nobile e vivo,
t’ho ritrovato ancora:
per questo sarò degno, spero,
del tuo cuore splendido
e del tuo unico amore.
Paolo Padovani
29 nov. 1957
Paolo Padovani (nel 1941)
Riccardo Padovani (nel 1948)