Informazioni che faticano a trovare spazio

“Nessuno mette i figli su una barca a meno che l’acqua non sia più sicura della terra…”

Diritto alla fuga e alla vita. A Roma la manifestazione per l’accoglienza ai rifugiati, nel giorno della Giornata dedicata a loro, si è svolta a Testaccio nello spazio della Città dell’Altra Economia. Con un vistoso assente: il Comune di Roma, che nonostante le aspettative non ha sostenuto l’iniziativa. Neanche un soldo dal gabinetto del sindaco Marino, le spese per l’iniziativa le hanno sostenute di tasca propria gli organizzatori. Perché questo comportamento? Paura di doverne rispondere a qualcuno? Probabilmente è così.

Giuseppe Cederna, tra i tanti intervenuti, ha letto una poesia della keniota Warsan Shire (nella foto), “Casa”. Eccola, è un promemoria per tutti quelli – nelle istituzioni e non – che faticano a capire:

CASA

di Warsan Shire

Nessuno lascia la casa a meno che
la casa non sia la bocca di uno squalo

scappi al confine solo
quando vedi tutti gli altri scappare
i tuoi vicini corrono più veloci di te
il fiato insanguinato in gola
il ragazzo con cui sei andata a scuola
che ti baciava follemente dietro la fabbrica di lattine
tiene in mano una pistola più grande del suo corpo
lasci la casa solo
quando la casa non ti lascia più stare

Nessuno lascia la casa a meno che la casa non ti cacci
fuoco sotto i piedi
sangue caldo in pancia

qualcosa che non avresti mai pensato di fare
finché la falce non ti ha segnato il collo
di minacce
e anche allora continui a mormorare l’inno nazionale
sotto il respiro/a mezza bocca
solo quando hai strappato il passaporto nei bagni di un aeroporto
singhiozzando a ogni boccone di carta
ti sei resa conto che non saresti più tornata.

devi capire
che nessuno mette i figli su una barca
a meno che l’acqua non sia più sicura della terra

nessuno si brucia i palmi
sotto i treni
sotto le carrozze
nessuno passa giorni e notti nel ventre di un camion
nutrendosi di carta di giornale a meno che le miglia percorse
son siano più di un semplice viaggio

nessuno striscia sotto i reticolati
nessuno vuole essere picchiato
compatito

nessuno sceglie campi di rifugiati
o perquisizioni a nudo che ti lasciano
il corpo dolorante

né la prigione
perché la prigione è più sicura
di una città che brucia
e un secondino
nella notte
è meglio di un camion pieno
di uomini che assomigliano a tuo padre

nessuno ce la può fare
nessuno può sopportarlo
nessuna pelle può essere tanto resistente

II

andatevene a casa neri
rifugiati
sporchi immigrati
richiedenti asilo
che prosciugano il nostro paese
negri con le mani tese
e odori sconosciuti
selvaggi
hanno distrutto il loro paese e ora vogliono
distruggere il nostro

come fate a scrollarvi di dosso
le parole
gli sguardi malevoli

forse perché il colpo è meno forte
di un arto strappato
o le parole sono meno dure
di quattordici uomini tra
le cosce
perché gli insulti sono più facili
da mandare giù
delle macerie
delle ossa
del corpo di tuo figlio
fatto a pezzi.

voglio tornare a casa,
ma casa mia è la bocca di uno squalo
casa mia è la canna di un fucile
e nessuno lascerebbe la casa
a meno che non sia la casa a spingerti verso il mare

a meno che non sia la casa a dirti
di affrettare il passo
lasciarti dietro i vestiti
strisciare nel deserto
attraversare gli oceani

annega
salvati
fai la fame
chiedi l’elemosina
dimentica l’orgoglio
è più importante che tu sopravviva

nessuno se ne va via da casa finché la casa è una voce soffocante
che gli mormora all’orecchio
vattene
scappa lontano adesso
non so più quello che sono
so solo che qualsiasi altro posto
è più sicuro di qua.

traduzione di Paola Splendore

HOME

Warsan Shire

no one leaves home unless
home is the mouth of a shark

you only run for the border
when you see the whole city running as well
your neighbours running faster than you
breath bloody in their throats
the boy you went to school with
who kissed you dizzy behind the old tin factory
is holding a gun bigger than his body
you only leave home
when home won’t let you stay.

no one leaves home unless home chases you
fire under feet
hot blood in your belly

it’s not something you ever thought of doing
until the blade burnt threats into
your neck
and even then you carried the anthem under
your breath
only tearing up your passport in an airport toilets
sobbing as each mouthful of paper
made it clear that you wouldn’t be going back.

you have to understand,
that no one puts their children in a boat
unless the water is safer than the land

no one burns their palms
under trains
beneath carriages
no one spends days and nights in the stomach of a truck
feeding on newspaper unless the miles travelled
means something more than journey.

no one crawls under fences
no one wants to be beaten
pitied

no one chooses refugee camps
or strip searches where your
body is left aching
or prison,
because prison is safer
than a city of fire
and one prison guard
in the night
is better than a truckload
of men who look like your father

no one could take it
no one could stomach it
no one skin would be tough enough

the

go home blacks
refugees
dirty immigrants
asylum seekers
sucking our country dry
niggers with their hands out
they smell strange
savage
messed up their country and now they want
to mess ours up

how do the words
the dirty looks
roll off your backs

maybe because the blow is softer
than a limb torn off
or the words are more tender
than fourteen men between
your legs
or the insults are easier
to swallow
than rubble
than bone
than your child body
in pieces.

i want to go home,
but home is the mouth of a shark
home is the barrel of the gun
and no one would leave home
unless home chased you to the shore
unless home told you
to quicken your legs
leave your clothes behind
crawl through the desert
wade through the oceans

drown
save
be hunger
beg
forget pride
your survival is more important

no one leaves home until home is a sweaty voice in your ear
saying-
leave,
run away from me now
i dont know what i’ve become
but i know that anywhere
is safer than here.

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