Virgilio, il portale italiano controllato da Telecom Italia, colloca la vetta del Monte Bianco in Francia. Anche Kataweb, il portale di Repubblica, propone una mappa con la sommità del Bianco in terra francese. E così altri portali che non curandosi minimamente della questione di frontiera creata dai cartografi francesi regalano la cima del gran monte alla Francia.
Il colpo di grazia l’ha dato Google Maps, che da poco tempo – era il 2011 – pare aver chiuso la questione: la vetta del Monte Bianco è totalmente francese. La base di Google sono i portali cartografici francesi, da lì nasce il ritocco delle carte. A Palo Alto hanno pensato che andava bene, gli altri si sono accodati. Alla faccia dei trattati internazionali come quello fondamentale italo-francese del 1861 (ricordate Nizza e Savoia alla Francia, in cambio del benestare francese per l’acquisizione del Lombardo-Veneto?), che hanno fissato la vetta del Monte Bianco come condivisa tra Italia e Francia.
Palo Alto che sceglie il tricolore francese come bandiera da mettere in cima al Monte Bianco assegna un premio di consolazione all’Italia, il Monte Bianco di Courmayeur, una vetta più bassa a 4765 m. E così l’accaparramento del monte Bianco, il gigante delle Alpi (4810,45 misurati nel 2009), sembra andato in porto.
Ad ufficializzare il clamoroso furto è dunque l’autorità di Google che ha acquisito la cartografia “ritoccata” dell’IGN (l’Institut Géographique National de France) non prendendo minimamente in considerazione ciò che descrive il nostro IGM (l’Istituto Geografico Militare di Firenze) ma anche la discussione piuttosto ovattata che è in atto da tempo tra i ministeri degli esteri dei due paesi.
Google è drastico: basta scrivere Monte Bianco nella query di Google Maps e si vedrà comparire lo scippo concretamente eseguito ad opera d’arte. Il confine non passa più per la vetta, come stabilito nel 1861, ma un po’ più a sud ricavando intorno alla sommità del monte una sorta di triangolo (corrispondente a un ettaro o poco più) che scontorna la vetta insinuandosi in Italia per oltre mezzo km.
Il confine è indicato da Google con la dicitura accavallata sulla linea di frontiera, France sopra e Italia sotto. Più chiaro di così…E la vetta ora entra così a far parte del comune francese di Saint Gervais les Bains, dell’Alta Savoia.
A seguire, come già anticipato, tutto il resto del web, con grave scandalo per quello di base italica da cui ci si sarebbe aspettato maggiore “senso dello Stato”.
In questo furto di montagna ufficializzato nel mondo intero Google si rifà al géoportail.fr, sottotitolato “le portail des territoires et des citoyens” s’intende francesi, su www.geoportail.fr) che ha fissato i suoi paletti gallici.. Nonché alle mappe dell’Istituto cartografico francese rintracciabili sul sito Média Plans (www.institut-icf.fr). E poi se si va in qualunque edicola o libreria della Savoia non c’è che l’imbarazzo della scelta sulle carte che riguardano il Bianco, tutte con la vetta pienamente in Francia.
Horace Bénédict de Saussure, lo studioso svizzero del ‘700 inventore dell’alpinismo, che ha dedicato al grande monte in pratica tutta la sua vita di ricercatore, enciclopedista e scalatore, non avrebbe mai immaginato che l’agognata vetta diventasse oggetto di una querelle tra stati. Da poco è tornata in libreria la sua “Conquista del Monte Bianco” (Vivalda editore), ma gli ardimenti di quei primi scalatori che rischiavano la vita raccontati con slancio dal De Saussure ora si vedono surclassati dalla banalità del tratto di penna con cui spregiudicati cartografi transalpini hanno deciso di ridisegnare il territorio. In altri tempi un simile arbitrio avrebbe determinato guerre.
La condivisione della vetta è stata stabilita una volta per tutte nel 1861 dal Trattato di Torino, quello famoso per la cessione di Nizza e della Savoia alla Francia in cambio dell’appoggio alla Seconda Guerra d’Indipendenza. Il trattato è tuttora legalmente valido.
Il trattato indica inequivocabilmente la cima come frontaliera, cioè divisa a metà tra i due Stati. Così recita il trattato: la linea confinaria, si legge nel testo francese, “monte sur le groupe du Mont Blanc, en touche le point le plus élevé”, e per evitare ambigue interpretazioni il punto più elevato è chiaramente segnato a quota 4807 (oggi 4810). La displuviale era talmente ben definita che si ritennero superflui sopralluoghi e pose di cippi; anche perché la zona non rivestiva alcuna importanza militare.
E poi? Il trattato fu sospeso durante tutta la durata della Seconda Guerra Mondiale e il 10 febbraio 1947 venne aggiornato col Trattato di Parigi.
Sul vecchio tracciato di confine stabilito nel 1861 le autorità transalpine pretesero quattro rettificazioni. Ma nessun a riguardava il Monte Bianco.
Nel dettaglio la rettifica più importante riguardava la valle del Roia, Briga Marittima e Tenda. Le tre rettifiche minori sono una sul versante italiano del Colle del Monginevro, un’altra sul Colle del Moncenisio, un’ultima infine per il Piccolo San Bernardo. La situazione del Monte Bianco è rimasta qual era.
Ma intanto il cartografo dell’esercito francese capitano J.J. Mielet pubblicava una carta topografica che arbitrariamente inglobava la vetta in territorio francese, facendo fare al confine di stato una deviazione dalla linea spartiacque, e dando in questo modo origine alle differenze con le carte pubblicate in Italia nello stesso periodo, differenze che la cartografia ufficiale italiana sin dall’inizio non ha mai riconosciuto. E dopo di lui è avanzato un piccolo esercito di cartografi di stato che alla fine è riuscito ad arruolare perfino Google, con lo strascico degli altri portali internet. Insomma eccoci alla rotta.
L’ultimo neo, allora, in questa incredibile storia, si chiama Protezione Civile.
Con gli attuali sconvolgimenti climatici, la Protezione civile italiana ha infatti evidenziato la necessità di un chiarimento tra le due amministrazioni in modo da evitare fraintendimenti sulle competenze riguardanti la sorveglianza del ghiacciaio sulla displuviale le cui acque, in caso di scioglimento, coinvolgerebbero totalmente il territorio italiano.
E quindi, il presidente del consiglio Matteo Renzi invece di scherzarci sopra farebbe meglio a studiarsi la questione per affrontarla nelle sedi giuste.