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La diffamazione in Italia, un modo per sterminare i giornalisti

Altro che io sono Charlie.

Quello che succede con i direttori e i redattori della defunta Unità – costretti a pagare di tasca propria incredibili risarcimenti all’Italia che sappiamo – non è una anomalia chissà quale ma il risultato di un profondo odio verso il lavoro dei giornalisti che ha prodotto in passato una pessima legge sulla diffamazione e rischia di produrne una nuova che è altrettanto criminalizzante del lavoro dei giornalisti.

In Italia chiunque può querelare un giornalista sapendo di farla franca. Infatti se la querela viene poi archiviata dalla magistratura il querelante non “paga” niente. Questo perché non esiste l’istituto della querela temeraria, in atto in  altri paesi un po’ più civili dove sei libero sì di querelare un giornalista ma se poi risulta che non lo dovevi fare sei costretto a pagare. Almeno questo.

In Italia no.

L’odio verso i giornalisti, soprattutto quelli investigativi, è tale che a lungo il parlamento in sede di riforma della legge sulla diffamazione ha accarezzato l’idea di far pagare le querele vincenti con la galera per il giornalista.

La mostruosità ora è stata sostituita da un’ipotesi di risarcimento di ben 50.000 euro, un’enormità se si considera che ormai una buona parte dei giornalista è costituita da precari.

Francamente era meglio la galera.

Il fatto è che questo testo approdato ora in terza lettura alla Camera (commissione giustizia) è stato considerato dai dirigenti della passata gestione della Fnsi un male minore. Contenti di aver visto eliminare l’ipotesi carcere i dirigenti della Fnsi si sono accontentati di tutto il resto.

Tutto il resto comporta che chiunque non solo può querelarti (senza pagare alcuna conseguenza) ma avrebbe pure il diritto di veder pubblicata una rettifica senza alcuna risposta da parte del giornalista.

Si crea così la figura del rettificatore di professione, con  i giornali costretti a pubblicare qualsiasi rettifica senza poter dire niente.

In sintesi: multe di 50 mila euro, rettificatori di professione, niente querele temerarie. Questa sarebbe allo stato attuale le futura legger sulla diffamazione…L’ultima  sciocchezza è l’idea di introdurre il dovere di rettifica perfino per i blog, 48 ore per pubblicare altrimenti scatta la ghigliottina dei 50 m ila euro…

Ecco, tutto questo capita in un paese che si è riempito la bocca di “io sono Charlie”.

Ma quando mai. Questi vogliono sterminare i giornalisti.

Domanda: ma non c’è più nessuno in Italia che creda nella libertà di espressione e nell’articolo 21 della Costituzione?

P.s: l’idea di “aiutare” economicamente i giornalisti e i direttori dell’Unità è giusta, ma come si capisce non risolverà il problema più generale di una legge sulla diffamazione che non sia una mostruosità.

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