Che cosa succede ai migranti nel resto del mondo? Se ne occupa l’Avvenire, il giornale della Cei, con questa scheda. Che racconta solo una parte della verità. La realtà è più complessa, 300 sono i milioni di migranti attualmente in movimento, diventeranno di più. Difficilmente possono essere fermati da carceri, respingimenti, centri di detenzione varia. Più forti di queste legislazioni sono i capitalisti e gli sfruttatori di forza lavoro. Nel Qatar dove si stanno costruendo opere faraoniche per il football i morti, tra i muratori e i manovali, sono oltre quota 1000: un’inchiesta del Guardian ha appena portato alla luce questo dato ignorato. Cosa crediamo che siano questi morti del Qatar? Persone molto distanti dalla marea di immigrati in movimento? (nella foto un morto del Qatar, un nepalese…)
Ecco Avvenire del 22.4.15:
Carcere, bidonville o lotteria: così accoglie il resto del mondo
Avvenire, 22-04-2015
Le recenti tragedie dei migranti nel Mare Mediterraneo ripropongono un ripensamento delle politiche di accoglienza. Qui di seguito una scheda sulle politiche adottate dai diversi Paesi del mondo.
AUSTRALIA. È meta di barconi provenienti da Iraq, Iran, Pakistan, Afghanistan, Sri Lanka, Cina, Somalia, Sudan, Myanmar e Vietnam. La maggiore parte dei barconi lascia l’Indonesia con destinazione Christmas Island, a circa 345 km a sud di Giava, dove esiste un centro di detenzione per i richiedenti asilo. Molti arrivano senza passaporto, rendendo difficile il rimpatrio. Da luglio 2013 Canberra rifiuta di concedere permessi ai rifugiati via mare.
INDONESIA. Sbarcano migranti da Afghanistan, Iran, Myanmar, Sri Lanka e Paesi mediorientali. La meta è l’Australia. La sua geografia, con migliaia di isole, fa dell’Indonesia uno dei principali Paesi di transito. Giakarta non ha siglato nel 1951 la Convenzione sui rifugiati Onu e non riconosce la condizione di rifugiato, né concede asilo. Ospita 13 centri di detenzione.
MALAYSIA. Vi approdano migranti da Myanmar, Sri Lanka, Pakistan, Somalia, Siria, Iraq, Iran, Afghanistan, Yemen e Sudan, sempre con destinazione Australia. L’arresto e la detenzione sono le risposte del governo di Kuala Lampur. Non esistono campi di rifugiati e la maggior parte degli oltre 100mila migranti vive in bidonville. Non possono lavorare e i loro figli non hanno diritto a frequentare la scuola.
INDIA. Vi giungono principalmente cingalesi, accolti in campi di rifugiati e possono anche lavorare.
BANGLADESH. Ospita migranti dal Myanmar, con destinazione finale il Bangladesh. I più fortunati vivono in campi con scuole ed ospedali, mentre la maggior parte si perde nelle periferie delle città.
USA. Negli Stati Uniti d’America esiste la lotteria degli immigrati, che – pagando una quota – sognano che il loro nome venga estratto. La prima legislazione sull’immigrazione è del 1790. Negli ultimi due secoli si sono susseguite norme per fermare il flusso di migranti e per fissare delle quote. Nel 1952 viene creato un Servizio per la Naturalizzazione e l’Immigrazione.
CINA. Nel 2013 Pechino ha varato una nuova legge sull’immigrazione che rende più dure le punizioni per gli stranieri che entrano illegalmente nel Paese, che rischiano la detenzione.
RUSSIA. Nel 2002 ha varato una legge federale sullo stato legale dei cittadini stranieri, in base alla quale chiunque varchi la frontiera del Paese deve ottenere un documento valido di immigrazione. Per richiedere un permesso di soggiorno lavorativo si deve provare di avere già un’offerta di lavoro. Se entro 90 giorni la richiesta non viene accettata gli immigrati devono immediatamente lasciare la Federazione, pena l’arresto e la conseguente deportazione.
Per quanto riguarda i Paesi di partenza, i rifugiati dal
VIETNAM hanno come destinazione finale gli Usa, il Canada (che ha una delle legislazioni più morbide) e l’Australia. Il più grande esodo di massa, quello dei boat people iniziò nel 1978, due anni dopo la fine della guerra in Vietnam, con centinaia di migliaia di persone in fuga. Agli inizi degli anni Ottanta ne seguì una nuova ondata. La maggior parte di loro approdarono inizialmente a Hong Kong e in altre nazioni del sud-est asiatico che hanno creato campi di accoglienza ad hoc.