Ciao Massimo. Mi hai fatto fare grandi risate quando hai raccontato la tua vita da partigiano e poi subito dopo la Liberazione quella a Bologna dove avevi iniziato a fare il giornalista e ad inventarti situazioni – come definirle? – spassose. Sicuramente controcorrente, inventive e straordinarie.
La retorica non era certo il tuo forte. Il tuo forte era a novant’anni tirare calci negli stinchi a quei giovani idioti col passamontagna che una volta a via Cavour si erra presentati a una manifestazione per creare guai inutili. Sorridevi del candelotto fumogeno che aveva sfiorato i tuoi capelli bianchi sul palco del 25 aprile del 2010 quando altri intransigenti avevano protestato mirando anche alla tua testa per il palco a Porta San Paolo a Roma che ospitava anche Renata Polverini, governatrice in quel momento del Lazio.
La tua Resistenza era poco imbalsamata, la liberazione di Torino da te poi realizzata col corteo di partigiani dentro Torino il 24 aprile del ’45 era stata preceduta da tutta una serie di titubanze e incertezze che piovevano dal Cln centrale.
Per fortuna alla vigilia dell’ingresso in armi avevate trovato delle divise da alpini…
Poi era venuto il dopoguerra e Bologna. Lì, cattolico e cristiano, avevi frequentato spiritacci come Lamberto Sechi – non ancora direttore di giornali e settimanali -, Enzo Biagi, Indro Montanelli.
Straordinario il piano poco noto che avevate elaborato per eleggere il primo Presidente, fu Einaudi. Voi avevate come candidato invece Calamandrei. Volevate proporlo con un gesto eclatante, occupando vestiti da garibaldini la Repubblica di San Marino.
Ne parlavate un po’ troppo ad alta voce nei caffè di Bologna, così il vostro piano fallì: a una curva c’erano i carabinieri ad aspettarvi.
Poi sei tu che hai fatto quel gesto “lavoratori…” che Fellini poi ha immortalato nei “Vitelloni”: hai fatto il gesto dell’ombrello, come si dice, quasi in unraptus giocoso, un giorno passando per un paese emiliano con un piccolo autobus che avevate preso per andare in comitiva in Emilia ad inaugurare una sala giochi aperta da un amico, eravate passati per quella piazza di paese dove c’era un comizio comunista, tu ti sporgesti dal finestrino e facesti il gesto dell’ombrello…
Poi avevi creato il primo telegiornale della Rai, ti rammaricavi perché la vulgata dava solo il padre di Walter Veltroni. Avevano cercato di farti fuori col centrodestra di Tambroni, c’eri rientrato grazie all’intervento di AldoB Moro.
Poi i ricordi sono tanti.
Ti facevano orrore i nuovi nazisti e i cosiddetti fascisti del terzo millennio. Che miserie…
Ti chiamavano Comandante Max. Ma anche Massimo era un nome che si faceva sentire ancora alto. Un giorno mi hai recapitato perfino una tessera di socio onorario dell’Anpi. Per tutto quello che scrivi, mi dicesti di fronte alle mie piccole rimostranze. Ce l’ho da qualche parte, devo ritrovarla, è un ricordo che mi resta di te. Ciao Massimo
Ps: ho avvertito anche Bacan Franco Berlanda, te lo ricordi vero, in quella foto di Torino liberata svetta perché erail più alto di tutti. Ho chiamato sua figlia, lui dormiva, glielo dirà. Consideralo avvertito.