“Le pietre di Gramsci”, il film di David Riondino e Paolo Brogi, è dal 30 gennaio 2014 su tou tube. Questo è il link:
Dopo una serie di proiezioni a Roma (Casa della Memoria, Biblioteca di Storia moderna e contemporanea e Istituto Centrale per i beni sonori ed audiovisivi, Cimitero Acattolico di Testaccio), a Sant’Anastasia con ne Anastasis e il Caffè filosofico vesuviano e infine ad Ales con il Comune e la Casa natale di Gramsci, il film (33 minuti) viene ora messo a disposizione di chi lo voglia vedere direttamente su you tube.
Chi vuole scaricarlo per iniziative pubbliche è pregato di contattare brogi.info@gmail.com oppure raffrago@yahoo.it (Giano produzione), è possibile trasferirlo con we transfer.
Per chi non l’ha visto: di che si tratta?
Una lunga e affezionata visita al cimitero dei poeti a Testaccio, per occuparsi delle “pietre di Antonio Gramsci” e dei misteri che circondano ancora la vita del fondatore del partito comunista italiano. Partendo dalle pietre – quei piccoli ricordi di devozione che sull’esempio delle tombe ebraiche vengono lasciate di continuo sul sepolcro di Gramsci a Testaccio – ci si deve misurare anche con i misteri che riguardano il pensiero e gli scritti di Gramsci. Come in un nuovo Spoon River che ridà voce ai poeti, primo fra tutti il Pasolini delle “Ceneri di Gramsci”, David Riondino e Paolo Brogi hanno messo a punto questo nuovo omaggio a Gramsci che passa attraverso la voce di altri ospiti del cimitero acattolico di Testaccio come Gregory Corso, Rodolfo Wilcock, Percy Bysshe Shelley…Un percorso che approda quasi naturalmente, nella quiete del cimitero di Testaccio, agli interrogativi che sono scaturiti dal dibattito in corso su Gramsci, a partire dalla denuncia degli storici Luciano Canfora e Franco Lo Piparo ai quali risponde Giuseppe Vacca. Insomma, perché i Quaderni del carcere sono 33, e non 34, come in origine e più volte annunciato dallo stesso Togliatti? Un quaderno «si è perduto»? Gramsci sapeva che Sraffa trasmetteva le sue lettere a Togliatti? Nonostante la successiva «vulgata» del partito, che avrebbe dipinto un Gramsci «morto nelle carceri fasciste», egli passò i suoi ultimi due anni e mezzo in libertà condizionale. È verosimile che in quegli anni abbia smesso quasi completamente di scrivere? E perché non riprese i contatti con i vertici del partito e dell’Internazionale comunista? Alcune di queste domande sono inedite. Tutte aspettano ancora risposte convincenti.
“Le pietre di Gramsci”, di David Riondino e Paolo Brogi, riprese di Raffaele Rago,