“Je ne m’appelle pas volenskì…”. Mon mi chiamo volenski, diceva Wolinski. Che ci teneva alla pronuncia corretta del suo vecchio cognome polacco avuto per via paterna. Da aggiungere a Georges. Poi c’era anche la madre che era un’ebrea franco-tunisina.
Poi c’erano le sue donne, insistentemente poppute. Paulette in primo luogo e ringraziamo Oreste Del Buono per avercela fatta conoscere quando il ’68 era già passato. L’elbano che non dormiva mai amava molto le sconcezze di questa donna aristocratica comunista che ne combinava di tutti i colori. Wolinski ne era lo “scenariste”, Pichard il disegnatore. Ma Paulette era davvero sua, svampita e al centro sempre della caciara…
A portarlo in Italia un altro bel tipo, Topor.
Prima però c’era stato il Wolinski de L’Enragé, l’arrabbiato, che aveva raccontato il ’68 e il maggio con gli amici Siné e Reiser.
E questo era Wolinski (pubblicato su Male e su Cuore, sì ma prima ancora su Lotta continua che ne tradusse alcune vignette…).
Naturalmente a conoscerlo risultava perfino un po’timido, un po’ come Altan. Con noncuranza si scrollava di dosso le accuse di sessismo e di maschilismo.
Mi piace ricordarlo così
Disegno molto diveretente per le vacanze
Lei ha perduto qualcosa?
Gli occhiali