Informazioni che faticano a trovare spazio

Nelle carte della “mafia capitolina” rispunta fuori Lucia Mokbel, già agli atti dei processi Moro per una stranissima storia…

C’è anche il nome di Lucia Mokbel nelle carte dell’inchiesta sulla Mafia Capitolina. Ce ne parla Carlo Bonini su Repubblica oggi. Lucia Mokbe, sorella del “nero” Gennaro (entrato nelle inchieste giudiziarieTelekom Serbia e Digint-Finmeccanica), è titolare di “Luoghi del Tempo”, una srl partecipata dalla “Cooperativa 29 giugno”e a sua volta azionista della “Rogest” sempre negli ingranaggi della cooperativa presieduta da Buzzi.

Ma chi è Lucia Mokbel? Il suo nome compare anche nei faldoni dei processi per l’omicidio di Aldo Moro. Ed è legato a una delle vicende più che oscure relative ai covi delle Brigate Rosse e a quelli in cui è probabilmente transitato Moro. E’ lei infatti a segnalare a un amico commissario che risulterà poi iscritto alla P2 gli strani rumori avvertiti attraverso la parete nell’immobile in cui viveva nel 1978 in  via Gradoli 98, interno 11, secondo piano. Nel palazzo che poi in epoca più recente è finito di nuovo sotto i riflettori per i piani bassi frequentati da Marrazzo e transessuali, abitavano tanti anni fa Moretti e Balzerani, due dei carcerieri di Aldo Moro. Ci abitavano in quel 1978, il cosiddetto covo fu scoperto in seguito per una perdita di acqua causata da un ingorgo nello scarico della vasca da bagno in cui i due lavavano i loro indumenti. Circostanza anche questa pochissimo chiara, e sufficientemente inverosimile, ma così è passata alla cronaca.

Lucia Mokbel abitava al secondo piano del 96 di via Gradoli e in quei giorni della primavera 1978 sentì rumori sospetti nell’appartamento confinante (quello delle Br), chiamò un commissario della polizia (Elio Cioppa, tessera della P2), la polizia andò a bussare, gli agenti non ottennero risposta e se ne andarono via…Così ha riferito Lucia Mokbel di cui ho ricordato l’avvenimento sul corriere del 1 marzo di tre anni fa.

Il caso

Mokbel, il giallo di via Gradoli
La sorella parlò del covo delle Br

Abitò nel palazzo tornato d’attualità con Marrazzo

«Sì, Lucia è una delle due sorelle di Gennaro Mokbel, me l’ha confermato direttamente lui— dice Ambra Giovene l’avvocato che lo difende —. Però da tempo non hanno più rapporti stretti. Ma perché tutto questo interesse per Lucia Mokbel. Forse per via Gradoli?». Già, via Gradoli, dannato epicentro di storie oscure tra Prima e Seconda Repubblica. Storie recenti di trans frequentati dall’ex governatore del Lazio Piero Marrazzo (con relativo strascico di morti), storie più lontane di grandi misteri come il covo utilizzato da Mario Moretti durante il sequestro di Aldo Moro, che oggi si intrecciano con l’inchiesta su frode fiscale e riciclaggio che vede tra i protagonisti Gennaro Mokbel, arrestato nei giorni scorsi. Gennaro è il fratello di Lucia che, appunto abitava nell’appartamento di fronte a quello delle Brigate Rosse scoperto per una «strana» infiltrazione d’acqua. La donna ebbe un ruolo non marginale nella vicenda perché segnalò per prima le stranezze di quell’appartamento.

Via Gradoli 96, interno 11, secondo piano. È lì che abitavano nella primavera del 1978, durante il sequestro Moro, i brigatisti Moretti e Barbara Balzerani. Lucia Mokbel era l’inquilina della porta accanto, l’interno 9, dove alloggiava col convivente Gianni Diana, impiegato da un commercialista amministratore di immobili in cui figuravano anche società in mano ai servizi segreti. Gli stessi servizi segreti che avevano in via Gradoli appartamenti intestati a società di copertura. La Mokbel al primo processo Moro raccontò la storia di un bigliettino, poi sparito, in cui lei faceva sapere di aver sentito alle tre di notte il ticchettio di una trasmissione in Morse che proveniva dall’appartamento adiacente, il covo delle Br. Un biglietto consegnato agli agenti di polizia che il 18 marzo erano andati a bussare a parecchie porte del condominio e che era indirizzato al commissario Elio Cioppa, che poi risultò iscritto alla P2. «Non mi fu dato l’ordine di perquisire le case — riferì in aula il sottufficiale Merola —. Era solo un’operazione di controllo durante la quale furono identificati numerosi inquilini, mentre molti appartamenti furono trovati al momento senza abitanti e quindi, non avendo l’autorizzazione di forzare le porte, li lasciammo stare, limitandoci a chiedere informazioni ai vicini. L’interno 11 fu uno degli appartamenti in cui non trovammo alcuno. Una signora che abitava sullo stesso piano ci disse che lì viveva una persona distinta, forse un rappresentante, che usciva la mattina e tornava la sera tardi». Ma Lucia Mokbel—la signora in questione — aggiunse di aver dato ai poliziotti, perché lo consegnassero al dottor Cioppa, un biglietto in cui diceva di aver sentito la sera prima segnali in Morse provenienti dall’appartamento adiacente. Ma quel biglietto non è mai stato ritrovato.
Paolo Brogi
1 marzo 2010
Corriere della sera

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