In fin dei conti Patrick Modiano non ha fatto altro che cercare le orme del padre, ebreo sopavvissuto agli orrori della guerra e del fascismo grazie alle sue doti di traffichino.
L’ho conosciuto nei primi anni ’70 leggendo “Les boulevards de ceinture” (Nrf, Gallimard), uno dei suoi primissimi romanzi che lo vedeva alle prese di questa faticosa ricerca del padre partendo da Seine-et-Marne e passando per Fontainebleau, dove finiva per intrufolarsi tra individui mediocri e meschini compreso probabilmente il padre che si spacciava per non so più quale conte. Un affresco del dopoguerra piuttosto conturbante. Niente eroi, solo gente furbastra. Un po’ quello che anni dopo avrebbe ripetuto in “Rue des boutiques obscures”.
Che cos’era però che me lo rese un po’ antipatico allora? Non certo la prosa rigorosa e classica. No, Modiano era piacevole a leggersi.
Mi colpì piuttosto un altro dettaglio: sulla bandette del libro (vedi l’immagine, il libro ce l’ho ancora…) faceva scrivere d’essere nato nel 1947. Piccola bugia, visto che era del 1945.
Me lo segnalò un suo lettore critico. Me lo sono ricordato oggi. Sbavature, certo. Ma insomma…