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Migranti: ci sono anche italiani che emigrano in Burkina Faso…Eccoli nome e cognome

Dalla crisi dell’Italia alla povertà del Burkina Faso: emigrati in cerca di felicità

Emigrare in Burkina Faso, uno dei Paesi più poveri dell’Africa, può sembrare una mossa azzardata. Le testimonianze di molti italiani trasferitisi a vivere lì, che raccontano le proprie scelte e il modo in cui sono riusciti a costruire una nuova vita

Radattore sociale, 07-10-14

ROMA – La crisi porta molti italiani ad emigrare, ma in questo caso la meta d’elezione non è un qualche ricco Paese occidentale, bensì il Burkina Faso.

Non ci sono spiagge dorate né palme da cocco, ma chi ha scelto di trasferirsi in quello che è uno dei Paesi più poveri dell’Africa spesso ha deciso di farlo per fuggire da un posto che non sente più proprio e per rifarsi una vita.

Diverse le testimonianze raccolte dal mensile Africa, missione e cultura, che spiegano la scelta di tanti giovani ed anziani trasferitisi qui. C’è Giuliana Dacasto, una donna di 71 anni di origini piemontesi che ha deciso, una volta raggiunta la pensione, di trasferirsi a Ouagadougou. Cinque anni fa ha aperto un bed&breakfast, la “Maison d’hôtes chez Giuliana” e racconta “Per una vita ho prodotto pellicce nella mia pellicceria di Cuneo. Poi è subentrata la crisi, la stanchezza e la vecchiaia. In Europa quando compi 65 anni sei considerato una persona da rottamare, nessuno apprezza ciò che sai dare e che potresti insegnare. Dopo una vita di sacrifici ho chiuso l’attività. (…) Nel 2004 ho preso casa in Burkina Faso, un Paese che avevo già visitato anni prima per un progetto di cooperazione promosso dalla Confartigianato. Ho pensato di aprire un bed&breakfast. I miei due figli mi danno una mano. L’idea funziona. Ho ritrovato il sorriso, la tranquillità, la voglia di vivere. Qui la persona anziana viene apprezzata e valorizzata. Dell’Italia mi mancano il fresco, la neve, la carne cruda. Poco altro. Non voglio più andarmene”.

Cristina Daniele, che è arrivata nella capitale del Paese nel 2005 grazie al servizio civile internazionale con l’ong Lvia, e che una volta terminato il progetto ha deciso di fermarsi. “La gente del Burkina mi ha stregato. Ho lavorato assieme a una ventina di donne per un progetto di riciclaggio di rifiuti plastici. In breve sono diventate la mia famiglia. Oggi ho una vera famiglia italo-africana: un compagno burkinabé e due bambini, il più piccolo dei quali ha pochi mesi. Mi occupo ancora di progetti di cooperazione, cercando di conciliare il lavoro con il ruolo di mamma”.

Luca Fusi, un toscano di 41 anni, che ha studiato teatro a Milano e Parigi e che  ha trovato in questo Paese la possibilità di realizzare il suo sogno: adesso è direttore dell’Ecole de théâtre du Cfrav. “Il Burkina Faso ha una grande tradizione e vocazione teatrale” spiega. “Ci sono attori e registi di altissimo livello e circa 200 compagnie attive, alcune delle quali tengono coi loro spettacoli tourneé internazionali”. “Non mi manca nulla di davvero importante. Sono felice di ciò che faccio. Ho ritrovato i valori semplici e genuini vissuti nella mia infanzia in un paese della Toscana”.

E così come loro, molti altri hanno scelto di ricominciare in posto così lontano dall’Italia che ha saputo dimostrarsi accogliente e ricco di possibilità, non solo dal punto di vista lavorativo. (hélène d’angelo)

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