Informazioni che faticano a trovare spazio

E’ Sukkot e invece che capanne c’è chi cerca rotture e fuga…

Che strano modo di celkebrare Sukkot, la Festa delle Capanne. Stavolta se ne propone un’interpretazione davvero strabiliante, l’abbandono del tetto comune.

Succede a Roma e domenica il Consiglio della Comunità Ebraica di Roma – appena celebrato il Sukkot – si ritroverà tra i punti  all’ordine del giorno: uscire dall’Ucei, l’Unione delle comunità ebraiche italiane. E’ davvero così, come da indiscrezioni giornalistiche?

Secondo le indiscrezioni si chiederebbe alla Comunità ebraica romana (il vertice lo chiederebbe) di abbandonare l’Ucei. Tra ragioni non sempre chiare. Come la ripartizione dell’8 per mille che non piacerebbe troppo  alla comunità romana. Oppure per questa storia del Museo della Shoah che vede il vertice della Comunità romana, sponsor di una soluzione alternativa in quel dell’Eur, in rotta con chi come l’Ucei (oltre che il Comune di Roma) cerca di mantenere invece in piedi il progetto originario. E’ davvero questo il contenzioso? E che dire della sede provvisoria offerta dal Comune che per superare il contenzioso ha offerto un immobile al Ghetto di parecchie centinaia di metri quadri ricevendone per tutta risposta dal vertice della Comunità preso in contropiede una richiesta di una pausa di riflessione trasformata ora in un rigetto davvero imbarazzante?

E veniamo all’uscita dall’Ucei: ho dato una rapida scorsa allo statuto dell’Ucei, non contempla minimamente questa evenienza di una Comunità che esce e se ne va via.

L’unica ipotesi avvicinabile è l’estinzione di una comunità, ma s’intende la situazione di una comunità che non sia più tale per mancanza di iscritti. Ma qui non c’è alcuna estinzione in corso.

E allora?

Va da sé che uno dei punti sostanziali dello stare insieme è anche  l’amministrazione dell’8 per mille, che l’Ucei riceve dai donatori e poi distribuisce alle varie comunità. Roma a quanto pare non gradirebbe l’attuale ripartizione. Tutto qua?

Perché uscire dall’Unione che così faticosamente ha lavorato in passato – ai tempi di Tullia Zevi, madre di Luca autore del progetto del Museo a Villa Torlonia – alle intese tra lo Stato e gli ebrei italiani?

Bella domanda. Non mi pare ci sia risposta chiara e netta, se non una messa di fatto in discussione dell’attuale presidenza dell’Ucei retta con misura ed equilibrio dall’avvocato Renzo Gattegna, reo di non avere le stesse posizioni di chi ora vorrebbe la rottura. Tra queste anche la questione Museo della Shoah, con Gattegna farevole al progetto originario.

Se è questo il contenzioso viene da dire “boh”…

Ma gli ebrei romani – che sono oltre 13 mila – vogliono davvero intraprendere una via talmente così poco codificata (o meglio, per nulla codificata) e uscire dall’Unione delle Comunità Ebraiche andandosene per conto proprio chissà dove? E per farlo, in ogni caso, non dovrebbero pronunciarsi semmai in massa, con un 51% almeno che trradotto in persone significa quasi settemila votanti (in un contesto elettorale dove di solito votano in poco più di tremila)…

Detto questo, perché mai Roma ebraica dovrebbe staccarsi dalle altre realtà ebraiche del paese, da Milano a Venezia a Livorno a Torino ecc?

Se c’è qualcuno che voglia rispondere questo blog è a disposizione…(basta scrivere a brogi.info@gmail.com)

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