Ha ragione il presidente dell’Ucei, Renzo Gattegna, a chiedere interventi e pronunciamenti dei governi e del Vaticano contro Hamas che continua tranquillamente a sparare razzi contro Israele colpendo perfino una città come Tel Aviv, dove la popolazione è costretta a chiudersi nei rifugi.
La condanna (che non c’è) è necessaria. Ma non basta.
Il problema è anche l’atteggiamento del governo israeliano in carica, che non cerca di uscire da queste secche che continueranno ad alimentare la politica terroristica di Hamas.
Un paese come Israele deve capire che solo offrendo una condizione di vita diversa ai palestinesi con un loro stato si disinnescano le radici di Hamas che continua a pescare nella disperazione alimentando – ricordiamolo – i kamikaze che in una decina di anni hanno ucciso oltre 1500 israeliani.
Non è con “piombo fuso” ieri e con altri interventi armati oggi che si risolve la questione. Solo che questo è ciò che riesce a fare il governo in carica eletto dalla maggioranza degli israeliani.
In Israele però c’è anche chi non condivide affatto questa politica di potenza, Tel Aviv in piazza nei giorni scorsi l’ha ricordato: peace, notr vengeance.
E l’ha ricordato anche Obama scrivendo ieri per Haaretz.
Dunque? Condannare Hamas sì, ma il vero problema è impedire a una forza oscurantista come Hamas (vedi il post sul suo statuto pubblicato in questo blog) di continuare a fare proseliti.
Come?
Non invadendo certamente Gaza. Non facendo con altri morti altro brodo di coltura per Hamas. E’ possibile?
Perché Israele non fa intervenire le forze di pace dell’Onu nel territorio palestinese? E perché poi non cerca di riprendere con l’autorità palestinese i colloqui di pace?