Il Consiglio superiore della magistratura ha minacciato interventi sul Pm Nino Di Matteo, c’era di mezzo la trattativa stato-mafia su cui indagava. Rivelazione di atti di ufficio. Bravi, che riflessi pronti….
Ma quando a Trapani il procuratore capo Antonino Coci, sul finire degli anni ’80, affermava con totale impudenza che in quella città la mafia non esisteva, prova ne era che non c’erano processi, beh allora che cosa ha fatto il Csm? Già in quel caso non c’erano proprio atti di ufficio, visto che la mafia non esisteva…Perciò il Csm cosa ha fatto per Coci?
Nulla. Nulla di nulla.
Comincia da qui, dai depistaggi e da chi ne è stato responsabile, il seguito della sentenza che a Trapani ha affermato oggi una verità purtroppo completamente opposta. La mafia c’era e c’è, e uccide. Ma sarebbe sbagliato fermarsi ai Virga e ai Mazzara, punte orribili di un sistema criminale che fa capo a Matteo Messina Denaro figlio di quel Francesco (don Ciccio) che ordinò l’esecuzione di Mauro. Già, i Messina Denaro cresciuti nelle terre della famiglia D’Alì di cui il massimo rappresentante è quel senatore del Pdl che ogni tanto è toccato da qualche inchiesta sugli affari di Trapani, uscendone indenne. Ed è su un terreno dei D’Alì che don Ciccio, di cui era campiere, insomma un “dipendente”, è morto anni fa. Lo scettro è stato poi preso dal figlio Matteo, latitante in quella stessa provincia di cui magistrati come Coci dicevano che era assolutamente priva di mafia.
Dei depistaggi si occuperà ora la Procura a cui la Corte di Assise ha rinviato gli atti processuali di dieci testi comparsi nel dibattimento, per i quali è scattata l’ipotesi di reato di falsa testimonianza. In testa c’è un maresciallo dei carabinieri, Beniamino Cannas, sottoposto del generale Nazareno Montanti che è stato sentito per ben due volte riferire in aula giudizi miserevoli a proposito di Mauro Rostagno e del suo lavoro di controinformazione. Gente che magari lo convocava per sapere che cosa avesse scoperto sulla massoneria di Trapani, quella della Loggia Iside 2, e sui viaggi di Licio Gelli, salvo dimenticarsi di redigerne i verbali…
E allora è giunto il momento di chiedere alla Commissione parlamentare antimafia di avviare un’indagine conoscitiva su questo giro di depistaggi e disinformazioni, utili solo al potere criminale. La Commissione chieda gli atti del processo, in mezzo alle 76 udienze troverà materia prima assai interessante, in particolare sulla Procura di Trapani e sui carabinieri e sul loro Nucleo operativo. L’obiezione può essere che i reati commessi forse sono prescritti. Non importa, qui è importante stabilire che cosa è successo in Sicilia e non solo negli anni ’80 alla vigilia delle grandi stragi legate ai nomi di altre vittime come Falcone e Borsellino.
L’attenzione ai despistaggi è del resto evidente in molti commenti che gli amministratori siciliani hanno fatto a caldo oggi e che vi propongo in un successivo post.