Perché saliamo
su una barca
A chi chiede: “Non era meglio rimanere a casa piuttosto
che morire in mare?”, rispondo: “Non siamo stupidi, né
pazzi. Siamo disperati e perseguitati. Restare vuol dire
morte certa, partire vuol dire morte probabile. Tu che
sceglieresti? 0 meglio cosa sceglieresti per i tuoi figli?”
Due giovani ieri sono stati uccisi a Mogadiscio perché
si stavano baciando sotto un albero. Avevano 20 anni. Non
festeggeranno altri compleanni. Non si baceranno più.
A chi domanda: “Cosa speravate di trovare in Europa?
Non c’è lavoro per noi figurarsi per gli altri”, rispondo: “Cerchiamo
salvezza, futuro, cerchiamo di sopravvivere. Non ab-
–biame-Golpe-se staffi©-nati4aUa parte sbagliata^ soprattutto—
voi non avete alcun merito di essere nati dalla parte giusta”.
Mio cognato scappava con me. Prima del mare c’è i l deserto,
che ne ammazza tanti quanti i l mare. Ma quei cadaveri
non commuovono perché non si vedono in TV. Perché non
c’è un giornalista che chiede ripetutamente quante donne e
bambini sono morti, quante erano incinte. Perché qui in occidente
a volte sembra che l’orrore non basti, c’è bisogno di
pathos. Mio cognato è morto nel deserto. Per la fame. Dopo
24 giorni in cui nessuno ci ha dato da mangiare. A casa c’è
una moglie che non si rassegna e aspetta una telefonata
che io so che non arriverà mai. A casa c’è quel che resta di
un sogno, di un progetto, di una vita. Un biglietto per due i
trafficanti se lo fanno pagare caro e loro i soldi non li avevano.
Se fosse restato li avrebbero ammazzati tutti e due.
Il suo ultimo regalo per lei è stata la vita. Lui è scappato e
lei non era più utile, l’hanno lasciata vivere.
A chi chiede: “Come si possono evitare altre morti nel
Mediterraneo?”, rispondo: “Venite a vedere come viviamo,
dove abitiamo, guardate le nostre scuole, informatevi dai
nostri giornali, camminate per le nostre strade, ascoltate
i nostri politici. Prima dell’ennesima legge, dell’ennesima
direttiva, dell’ennesima misura straordinaria, impegnatevi
a conoscerci, a trovare le risposte nel luogo da cui si scappa
e non in quello in cui si cerca di arrivare. Cambiate prospettiva,
mettetevi nei nostri panni e provate a vivere una
nostra giornata. Capirete che i criminali che ci fanno salire
sul gommone, i l deserto, i l mare, l’odio e l’indifferenza che
molti di noi incontrano qui non sono i l male peggiore”. •
Awas Ajmed
* Rifugiato somalo i n I t a lia
Dal bollettino del Centro Astalli