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Lampedusa, continua la segregazione dei 17 migranti compresa una donna che non sta bene

Lampedusa – Continua la detenzione illegittima dei superstiti
Presentato un espsto-denuncia al comitato per la Prevenzione della Tortura del Consiglio d’Europa
Melting Pot Europa, 10-01-2014
Prof. Fulvio Vassallo Paleologo
Continua nel Centro di Primo soccorso ed accoglienza (CPSA) di Lampedusa il trattenimento illegittimo di 17 migranti siriani ed eritrei, tra i quali una giovane donna con gravi problemi psichici. Si tratta dei superstiti delle stragi di ottobre che rimangono rinchiusi nel centro, sembra che alcuni non abbiano ancora consentito al prelievo delle impronte digitali, perché la polizia e la magistratura stanno indagando per i reati di agevolazione dell’ingresso di irregolari e di tratta.
Negli scorsi giorni è stato preparato un esposto-denuncia su questo trattenimento irregolare che si protrae ben oltre i termini massimi di permanenza in quello che dovrebbe rimanere solo un centro di prima accoglienza e soccorso, ma che di fatto è utilizzato come un vero e proprio centro di detenzione, senza neppure quelle modeste garanzie procedurali che nei CIE impongono la presenza di avvocati, la notifica dei provvedimenti tradotti nella lingua degli interessati, e la convalida della misura limitativa della libertà personale da parte di un magistrato.
Secondo notizie di stampa, i migranti illegittimamente trattenuti dovrebbero restare rinchiusi fino all’esperimento degli incidenti probatori, necessari ai magistrati per concludere le prime fasi del procedimento penale a carico dei presunti scafisti o trafficanti, previsti per la metà del mese di gennaio.
Quanto sta avvenendo a Lampedusa non è un episodio isolato, anche se ha acquistato particolare visibilità per la provenienza dei migranti, superstiti ad alcune delle più grandi tragedie dell’immigrazione che si sono verificate in Mediterraneo con centinaia di morti, e per la protesta del deputato Khalid Chouaky che si era rinchiuso nel centro per restarvi fino alla liberazione di tutti i migranti che vi erano irregolarmente trattenuti da mesi.
Sono mesi, per non dire anni, che nei centri di accoglienza in Sicilia ed alle frontiere dei porti dell’Adriatico, i migranti che cercano di entrare irregolarmente, ormai quasi esclusivamente potenziali richiedenti asilo ( eritrei, somali, siriani, ma anche afghani e di altre nazionalità) sono destinatari di provvedimenti di trattenimenti “de facto” contro i quali non è possibile presentare ricorso, e in diversi casi sono stati respinti o sottoposti a procedimenti penali senza neppure avere la possibilità di esercitare i più elementari diritti di difesa.
Il ruolo di testimoni è stato generalmente ritenuto sufficiente per giustificare misure restrittive della libertà personale, quando invece si trattava solo di garantire la reperibilità del teste da parte delle autorità che svolgevano indagini, e non sono mancati casi di testimoni che, dopo essere scomparsi, sono stati smentiti dal successivo svolgimento dei procedimenti penali che avevano innescato con le loro dichiarazioni, con la conseguente liberazione di presunti “scafisti” e con il sostanziale fallimento delle indagini.
L’utilizzo degli strumenti repressivi, previsti dall’attuale legislazione in materia di immigrazione e di contrasto di quella che si continua a ritenere “immigrazione illegale”, anche nei confronti di persone che comunque non potevano essere rimpatriate per evidenti ragioni umanitarie, non permette a nostro avviso quel livello di collaborazione che sarebbe necessario per affrontare con risultanze probatorie efficaci quelle organizzazioni criminali che continuano a lucrare sul disperato bisogno di fuga che continua ad essere espresso soprattutto dai siriani, dagli eritrei, dai somali, dai sudanesi, dai maliani e da tanti altri migranti bloccati nell’inferno libico. Collaborazione che diventa ancora più difficile, e dalla utilizzabilità in giudizio assolutamente incerta, quando il trattenimento, meglio la detenzione amministrativa dei potenziali testimoni si protrae nel tempo senza una valida base legale, come sta ancora succedendo nel CPSA di Contrada Imbriacola a Lampedusa.
In questi giorni alcune associazioni italiane che difendono i diritti dei migranti hanno inviato al Comitato per la prevenzione della tortura (CPT) del Consiglio d’Europa, ed a diverse agenzie dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite, come l’ACNUR ( Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), un esposto-denuncia predisposto dall’avvocato Alessandra Ballerini di Genova e dall’avvocato Michele Passione di Firenze sul trattenimento dei 17 profughi ancora rinchiusi da ottobre nel Centro di primo soccorso ed accoglienza di Lampedusa.
Come abbiamo detto questo trattenimento non è altro che la “punta di un iceberg” perché sono mesi, anzi anni, che le autorità amministrative trattengono senza provvedimento i migranti appena sbarcati, soprattutto quando sono coinvolti nella qualità di indagati o di testimoni, in indagini penali. Migranti che poi spariscono nella disperazione più totale, costretti alla clandestinità, o “trattenuti” in centri di detenzione , oppure ancora, se ritenuti “scafisti” ,rinchiusi in carcere. E nessuno forse ricorda, a distanza di qualche mese, la tragica vicenda di un giovane egiziano che, ritenuto scafista dopo una prima fase di indagini avviate dalla polizia nel Centro di primo soccorso ed accoglienza di Pozzallo, e poi trasferito nel Centro di Identificazione ed espulsione di Pian del Lago a Caltanissetta, si è impiccato pochi giorni dopo il suo successivo internamento in carcere. Una vicenda sulla quale era stata aperta una indagine di cui non si sa più nulla.
Il trattenimento amministrativo prolungato in quelli che dovrebbero essere centri di prima accoglienza può avere conseguenze tragiche come è confermato dalle condizioni psicologiche che anche il deputato Khalid Chouaky ha verificato durante la sua ultima visita nell’isola di Lampedusa. Non crediamo che a fronte della disperazione che si è lasciato alle spalle l’invio di un nucleo di psicologi specializzati ed della Croce Rossa possa migliorare significativamente la condizione dei profughi ancora rinchiusi da mesi nel centro di Primo soccorso ed accoglienza ( ricordiamo) di Contrada Imbriacola.
Occorre dunque che le ragioni alla base dell’esposto denuncia inviato al Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa per i migranti ancora trattenuti a Lampedusa, siano diffuse ed utilizzate per porre fine, anche sulla base di ricorsi individuali alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo, o di singoli ricorsi davanti ai giudici nazionali, a tutte le diverse forme di trattenimento in assenza di provvedimenti individuali che rispettino le garanzie previste dalla legislazione italiana e dalle normative internazionali e dell’Unione Europea.
In un momento nel quale le forze di governo annunciano l’avvio di processi legislativi per riformare aspetti della normativa interna che hanno evidenziato in pieno la loro totale inutilità, i costi disumani che comportano, la violazione manifesta e reiterata di principi costituzionali e di normative europee ed internazionali, occorre evitare, anche con la proposizione di ricorsi ed esposti, che le prassi amministrative e giudiziarie continuino ad applicare ferocemente quelle norme che in Parlamento si dice di volere modificare, magari nella convinzione che in questa fase politica non potrà trattarsi che di modifiche di facciata.

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