Finalmente il Cdr del Corriere della Sera la canta chiara al Consiglio di amministrazione. Il succo? Non togliate il ramo su cui siete seduti…Ecco il comunicato (pubblicato comunque dal giornale a pagina 55!) :
Cari lettori, una volta Indro Montanelli per descrivere lo stato confusionale di un leader politico usò queste parole: «Cerca una strategia come un miope che, prima di alzarsi, tasta il comodino alla ricerca degli occhiali».
Alla fine del 2013 dobbiamo constatare che i vertici di Rcs MediaGroup sono nella stessa condizione. Se non peggio, perché almeno il miope, prima o poi, gli occhiali li trova.
In questi giorni il management, guidato dall’amministratore delegato Pietro Scott Jovane, ha deciso di aumentare il prezzo del Corriere della Sera di altri dieci centesimi. Dal due gennaio 2014 troverete in edicola il vostro quotidiano al prezzo di 1 euro e 40 centesimi e, il venerdì e il sabato, al prezzo di 1 euro e 90 centesimi. È il regalo di Natale, cari lettori. Un regalo che l’amministratore delegato si è guardato bene dal menzionare nel suo messaggio video di fine anno, indirizzato ai dipendenti del gruppo. Agli inizi di agosto, il prezzo del Corriere in edicola era passato da 1,20 a 1,30. E nel mese di aprile era stato aumentato il prezzo nelle giornate di venerdì e di sabato. Tre aumenti in un anno è un record assoluto. Inoltre, nella seconda metà del prossimo anno il formato del Corriere sarà ridotto, assumendo le dimensioni di altri giornali concorrenti, tra i quali La Stampa .
L’aumento del prezzo è una mossa dissennata e, appunto, profondamente miope: a questo punto possiamo solo contare sulla comprensione e l’attaccamento dei lettori del Corriere.
I ricavi dovrebbero aumentare offrendo un Corriere sempre più innovativo e completo. Ma per fare questo occorrerebbe un altro passo. «Tutti i nostri concorrenti sono certamente più veloci di noi», ha detto Jovane nel suo messaggio natalizio. Ed è una frase che ci sentiamo di condividere. Tutti dobbiamo accelerare, lo chiediamo anche alla direzione editoriale. Dopodiché l’amministratore delegato ha addossato le responsabilità del ritardo a un’entità quasi metafisica, evocando strutture interne troppo burocratiche. No, cari lettori, non ci siamo. Vogliamo davvero mettere in fila «le responsabilità»?
Ecco:
1) Fino al 2007 Rcs Mediagroup era un’azienda florida. Poi gli azionisti, che sono più o meno quelli di oggi, e il management, guidato dall’amministratore delegato Antonello Perricone, si imbarcarono nell’acquisto della spagnola Recoletos, che portò l’indebitamento a un miliardo di euro. Decisione sciagurata, su cui sta indagando la Procura di Milano, in seguito a un esposto presentato dall’Ordine dei giornalisti sulla base dei comunicati pubblicati da questo Comitato di redazione.
2) Quest’anno il debito è stato abbattuto grazie a un aumento di capitale di 400 milioni. Ci sarebbe la possibilità di attivarne un’altra tranche per 200 milioni, ma l’amministratore delegato non lo fa. Perché? Forse, ipotizziamo, perché la Fiat dovrebbe coprire la maggior parte delle risorse con il rischio di essere poi obbligata per legge a lanciare un’offerta pubblica di acquisto su tutte le azioni. Per oltre 15 anni la Fiat e gli altri azionisti hanno staccato dividendi per centinaia di milioni. Oggi, semplicemente, chiedono di spremere il Corriere pur di mantenerne il controllo.
3) Le principali banche creditrici, IntesaSanPaolo (che è anche azionista), Unicredit e Ubi hanno accettato di rifinanziare il debito in cambio di condizioni capestro. Una su tutte: obbligo di vendere cespiti patrimoniali per restituire 250 milioni di euro entro il 2014.
4) Il direttore finanziario ha dichiarato in questi giorni che il gruppo non ha chiesto la rinegoziazione del debito. Peccato, perché è quello che andrebbe fatto con urgenza.
5) L’amministratore delegato, pur di non disturbare i padroni-azionisti e le banche, ha cominciato a menare fendenti al Corriere e al resto del gruppo. Aumenti di prezzo, svendita del palazzo, tagli di testate. Di questo passo finirà con il segare il ramo su cui è seduto non solo lui, ma centinaia di dipendenti. Questo ramo si chiama Corriere della Sera , un giornale che continua a guadagnare decine di milioni di euro, grazie alla fedeltà dei lettori e al lavoro di giornalisti e poligrafici.
Le conclusioni sono semplici. La zavorra dell’enorme debito Recoletos non si potrà mai spalare con i guadagni del Corriere. Ci sono solo due possibilità di risanamento: o le banche rivedono i termini del finanziamento o gli azionisti si prendono la responsabilità di dare al gruppo le risorse di cui ha bisogno.
Il Corriere, invece, deve volare. I giornalisti sono pronti a farlo. Hanno accettato i tagli, hanno fatto la loro parte. Sono già dentro la trasformazione tecnologica. Il management, però, sembra troppo occupato a picconare il giornale, sotto lo sguardo compiaciuto di un Consiglio di amministrazione già passato alla storia per aver svenduto il palazzo di via Solferino. Per tutto il 2013 abbiamo aspettato il rilancio dell’edizione cartacea, la svolta nel settore digitale, idee editoriali e di marketing innovative.
Signori azionisti, signori creditori, signori del management, e lo chiediamo anche alla direzione: per quanto tempo può resistere il Corriere?
In questa situazione, il Cdr non siederà più ad alcun tavolo dove si chiedano ancora sacrifici e tagli per la redazione.
21 dicembre 2013