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Tre ragazzi sulle rotte dell’inferno, tra il Guatemala e gli Usa. “La gabbia dorata”…che film!

Difficile dimenticare Chauk, Juan e Sara della “Gabbia dorata”. I tre giovani adolescenti guatemaltechi che il regista  spagnolo Diego Quemada-Diez

precipita nell’inferno di un in itinerario da migranti dal Guatemala agli Stati Uniti.

Si torna quasi al neorealismo con questo film che racconta un mondo poco raccontato, quello delle migrazioni di massa. Al film come dicono i titoli di coda hanno partecipato anche 600 immigrati colti su questa rotta della disperazione, a bordo di treni merci come nell’America degli anni ’30, tra frontiere selvagge e agguati ad ogni angolo.

Il film davvero coinvolgente – poco importa se bello o no, questo è meno importante – mescola elementi di fiction e uno stile da documentario: attori non professionisti, riprese in sequenza, pochi movimenti di macchina, la scelta di luoghi reali. Ed è esplicito l’omaggio al neorealismo, nel desiderio di autenticità dei personaggi che crea nello spettatore un coinvolgimento emotivo.

Molto bravi i tre ragazzi, la ragazza che tagliandosi i capelli in un cesso per “damas” di una favela si trasforma in un ragazzo, il suo amico Juan, l’indio Chauk di etnia tsetsal che non spiccica una parola di spagnolo ma che è così comunicativo e prossimo.

Bellissima opera che apre un filone assai poco documentato. E’ come se un regista eruropeo si dedicasse a quel tragitto africano orrendo che porta al Mediterraneo folle di povera gente e di giovanissimi, perdendo vite qua e là, un po’ come avviene nello scenario adottato da Diego Quemada-Diez.

Non so se il giovane regista abbia mai letto “La giungla” di Upton Sinclair: lì all’inizio del secolo scorso due immigrati dell’est europeo arrivano a Chicago dentro il grande mattatoio e assistono a quello scenario degno di Zola e del Ventre di Parigi. Il terzo capitolo del ventre americano l’ha ideato ora il giovane regista spagnolo.


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