Ergastolo per Alfred Stork, l’ex nazista novantenne che a suo tempo aveva confessato di aver preso parte alle fucilazioni degli ufficiali della divisione Acqui a Cefalonia nel settembre del 1943. La condanna è del Tribunale Militare di Roma, seconda sezione presieduta da Antonio Lepore, dove si è concluso il processo all’ex caporale che vive in Germania a Kippenheim. L’ex caporale maggiore Stork «non ha avuto il coraggio di mantenere ferma la sua ammissione di colpa, restando comodamente nella sua casa in Germania», aveva detto il procuratore militare Marco De Polis, che aveva poi elencato le numerose testimonianze che hanno indicato Stork come uno di quelli «che fucilò l’intero stato maggiore della Acqui», nel settembre 1943. La sentenza del Tribunale militare è la prima sentenza emessa in Italia sulla strage di Cefalonia, finora infdatti i precedenti giudizi si erano conclusi in archiviazioni o per morte dell’imputato come nel caso del Maresciallo Otmar Muhlhauser.
Alfred Stork ex caporale dei “Cacciatori di montagna” (Gebirsgjager), ascoltato otto anni fa dai magistrati tedeschi, aveva comunque ammesso di aver fatto parte di uno dei plotoni di esecuzione attivi nei pressi della cosiddetta Casetta Rossa, il 24 settembre. «Ci hanno detto che dovevamo uccidere degli italiani, considerati traditori», disse. Alla Casetta Rossa gli ufficiali giustiziati furono 129 (altri sette vennero ammazzati il giorno successivo per rappresaglia) da parte di due plotoni. Quello di Stork, sparò dall’alba al pomeriggio lasciando sul terreno 73 ufficiali, come afferma lo stesso imputato.
In quella testimonianza resa in Germania Stork aveva anche aggiunto particolari agghiaccianti: “I corpi sono stati ammassati in un enorme mucchio uno sopra l’altro… prima li abbiamo perquisiti togliendo gli orologi, nelle tasche abbiamo trovato delle fotografie di donne e bambini, bei bambini”. Dure le parole di Marcella De Negri, figlia del caduto Francesco, parte civile nel processo: “Questo frugare nei corpi ancora sanguinanti, nelle tasche di divise dalla giacca slacciata (a cui erano stati tolti i bottoni che avrebbero potuto deviare i colpi dei fucili) per portar via gli oggetti di valore e tenere fra le mani quelle fotografie di bambini, “belli”, e donne che mai più avrebbero rivisto i loro cari massacrati, mi ha convinto alla costituzione di parte civile”.
Soddisfazione per l’avvocato dello stato Lucxa Ventrelli: “E’ andata come doveva andare, questa è la prima sentenza su Cefalonia di qualsiasi tribunale”. Il procuratore De Polis aggiunge: “E’ di fatto, dopo Norimberga, la prima in Europa su Cefalonia”. De Polis ha altri fascicoli su cui sta lavorando e riguardano le stragi naziste in Grecia, a Kos e a Leros, ma anche in Albania. Un fascicolo è aperto anche su ex militari italiani, riguarda la strage di Domeniokon, un villaggio della Grecia interna.
Paolo Brogi