Giuseppe Bolgia è morto oggi a Roma. Era molto attaccato alla memoria di suo padre Michele, il ferroviere che spiombava i carri con gli ebrei deportati alla Stazione Tiburtina e che poi è stato ucciso alle Fosse Ardeatine.
Giuseppe aveva solo dodici anni quando perse la madre durante un bombardamento americano al Preenestino. Ed era di poco più grande quando suo padre Michele fi preso a piazza dei Cinquecento dai fascisti e portato – lui simpatizzante socialista – a via Tasso per essere torturato.
Poi Michele fu trassferito a Regina Coeli e da lì fu prelevato per essere ammazzato alle Ardeatine.
Giuseppe faceva partre dell’Anfim, l’associazione dei familiari delle vittime delle Ardeatine, lo si incontrava lì finché è stato bene, nella piccola sede di via Montecatini.
Ora la sede non c’è più, l’Anfim è considerata un’associazione residuale, la memoria delle Ardeatine conta solo il 24 marzo. Le hanno tolto le sovvenzioni, i sindacvi della città se la sono dimenticata.
Giuseppe aveva il vanto del padre e il vanto di un antenato che era stato deri Mille, un garibaldino di Orbetello: Giovanni Bolgia nato nel 1840 nella cittadina fortificata della Maremma e ventenne con Gaibaldi in Sicilia.
Queste erano le sue credenziali, discendente di Giuseppe uno dei Mille e figlio dell’eroe Michele.
Alla Stazione Tiburtina le ferrovie faticano assai a rimettere a posto la lapide che c’era per Michele Bolgia e che durante i lavori di ristrutturazione è scomparsa dal binario 1.
La rimetteranno a posto, presto, è stata una lunga battaglia per riaverla. Peccato che Giuseppe che si chiamava come il suo antenato dei Mille non ci sia più per assistere il 16 ottobre a quel minimo di restituzione della memoria (qui sotto al centro durante una cerimonia).
Il funerale martedì alle 14 alla Chiesa di San Luca di via Roberto Malatesta, nel VI Municipio (al Sant’Eugenio prima dalle 9 alle 12,30 la camera ardente).
Il 16 comunque lo ricorderemo in una cerimonia che si tiene all’Isola Tiberina.