Ottobre 1963. Un giovane inviato di TV7 – una rubrica del primo canale della Rai nata nel gennaio di quell’anno – arriva nel Vajont e intervista i sopravvissuti della strage. Antonello Branca non commenta, chiede solo se sapevano che la montagna stava per venire giù. E gli intervistati, uno dopo l’altro, dicono che sì lo sapevano e che tutti sapevano. Qualcuno punta anche il dito verso i responsabili politici.
In quel momento a giurare sulla catastrofe naturale sono Montanelli, Bocca e Buzzati. Montanelli se la prende anche con chi accenna il contrario. “Sciacallaggio…”. Ne farà le spese la giovane cronista dell’Unità, Tina Merlin: un’intervista alla tv francese non solo non viene “veicolata” verso la Francia dagli studi Rai di Milano ma quando arriva a Parigi con la cassetta in mano al giornalista viene bloccata anche lì dalla tv gollista, che poi in seguito a numerose proteste la manderà in onda salvo farla sparire subito dopo.
Il servizio di Antonello Branca, che purtroppo non è più con noi dal 2002, va in onda il 14 ottobre e crea un terremoto: ne fanno le spese lui stesso e il capostruttura della trasmissione, Savonucci, che viene allontanato dal suo ufficio. Lo stesso ufficio viene chiuso. Che cos’era successo? Il servizio di Antonello era arrivato all’ultimo momento e andò in onda così, senza che nessuno lo visionasse prima. Cose che possono succedere e creare grandi problemi.
Antonello viene messo all’indice: non c’è più lavoro per lui in Rai. Sarà questo il motivo per cui col fonico Raffaele De Luca si sposterà poi per quattro anni negli Stati Uniti compiendo un lungo viaggio di cui ci restano tre lavori: “California”, sull’epoca del dissenso Usa, “What’s happening” sulla pop art e le nuove tendenze, soprattutto “Seize the time” sul Black Power.
Questo era il potere democristiano all’epoca. Far tacere ogni voce che potesse andare di traverso. Il servizio di Antonello Branca si chiamava “Quelli di Erto e quelli di Casso”, dal nome dei due paesi travolti dalla tragedia.
Anche allora non erano molte le voci che contrastavano le versioni ufficiali, grandi penne erano pronte ad allinearsi, chi andava per altre strade veniva stangato.
Sentire oggi oil presidente del Senato dire che la tragedia era evitabile va bene. Sono passati però cinquanta anni. E il lavoro di Antonello Branca è rintracciabile in qualche spezzone che si trova
sulla rete scrivendo Tv7 Vajont: ne esce una sorta di riassunto con immagini di vario tipo, compresa una delle interviste di Branca a un giovanissimo rimasto orfano.
In ogni caso ce n’è una copia all’archivio del movimento operaio /Aamod) in via Ostiense a roma. La Rai farebbe bene a farcelo rivedere. Un’altra copia ce l’ha Donatella Barazzetti.