Il senatore del Pdl Antonio D’Alì, l’avevo ricordato l’altro giorno (il 16 settembre, anniversario della “scomparsa” di Mauro De Mauro) per segnalare alcuni paradossi, come quelli che si registrano a Trapani dove in un’aula di Tribunale si ricordano le responsabilità dei Messina Denaro per l’uccisione di Mauro Rostagno e dove nel recente psassato si sono siglati protocolli antimafia con ministro Cancellieri alla presenza di personaggi politico come D’Alì la cui famiglia ha dato lavoro al campiere Francesco Messina Denaro e terra su cui morire.
Ecco cosa intanto viene a galla in un’aula in cui è sotto accusa D’Alì: i verbali esibiti dalla Procura con ciò che riferisce don Ninni Treppiedi, il prete accusato di essere legato a Matteo Messina Denaro. Riguardano l’allontanamento di Giuseppe Linares (sotto nella foto), il poliziotto al quale si deve la riapertura tra l’altro del processo per l’omicidio di Mauro Rostagno in corso a Trapani.
Ne scrive Rino Giacalone su LiveSicilia:
Il processo
I verbali di Treppiedi su D’Alì:
“Voleva Linares lontano da Trapani”
Giovedì 19 Settembre 2013 – 12:00 di Rino Giacalone
Livesicilia – Trapani
Le rivelazioni del sacerdote rendono un quadro aggiornato delle connessioni mafia, politica imprenditoria in provincia di Trapani. Ecco cosa ha detto.
PALERMO – L’ex capo della Squadra Mobile di Trapani, Giuseppe Linares, non era solo una ossessione dei mafiosi. Certo, negli anni ’90 i boss avevano pensato di eliminarlo, ma Linares era anche l’ossessione di un politico, il senatore pidiellino Antonio D’Alì, che a tutti i costi voleva vederlo trasferito da Trapani. A raccontarlo con particolari e dettagli è un sacerdote, padre Ninni Treppiedi, nuovo testimone di accusa contro il politico trapanese.
Oggi Linares, dopo avere lasciato, perché promosso, la Squadra Mobile e poi la divisione anticrimine della Questura di Trapani, dirige il centro Dia di Napoli dallo scorso settembre, ma già dal 2010, anno della promozione, non fa più parte del gruppo di investigatori impegnati nella ricerca del boss Matteo Messina Denaro. Un gruppo che per un periodo fu diretto da un poliziotto indagato per rapporti con la camorra, Vittorio Pisani, ed oggi coordinato dal vice della Squadra Mobile di Palermo De Santis.
L’astio di D’Alì contro Linares è uno dei capitoli dei verbali di accusa presentati oggi dai pm Paolo Guido e Andrea Tarondo al processo dove il politico trapanese è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Il dibattimento si sta svolgendo con il rito abbreviato dinanzi al gup Gianni Francolini. Oggi erano previste le repliche delle parti e poi Tramadol la sentenza. I pm hanno chiesto 7 anni e 4 mesi. Tutto saltato. I pm, infatti, hanno chiesto di riaprire il dibattimento per sentire il sacerdote e un altro teste, Vincenzo Basilicò.
Un nuovo atto di accusa contro il senatore trapanese del Pdl Antonio D’Alì. Don Ninni Treppiedi è un personaggio al centro di cronache giudiziarie trapanesi, coinvolto nello scandalo che ha scosso la Curia, con due indagini avviate sia dal Vaticano quanto dalla Procura di Trapani. La Santa Sede due anni addietro ha rimosso il vescovo Miccichè, in questi giorni proprio padre Treppiedi è stato sospeso per 5 anni.
La Procura indaga su Treppiedi e altre 13 persone, per una sottrazione di beni e soldi alla Diocesi fatta pare proprio da Treppiedi, nonché su reati come la diffamazione e la calunnia. Resta indagato Treppiedi nella indagine sulla Curia ma da oggi il sacerdote è testimone nel processo contro il senatore D’Alì.
Nei verbali sono raccontati i rapporti pericolosi di D’Alì, i contatti con gli imprenditori, come Tommaso Coppola, il controllo delle istituzioni, con il trasferimento da Trapani del prefetto Sodano, l’induzione a falsa testimonianza dell’ex sindaco di Valderice Camillo Iovino, il controllo serrato sulla stampa, insomma le rivelazioni di padre Ninni Treppiedi rendono un quadro aggiornato delle connessioni mafia, politica imprenditoria in provincia di Trapani. Accusato nel tempo da diversi collaboratori di giustizia, il nome di D’Alì è finito spesso intercettato nei colloqui tra i boss di Cosa nostra: addirittura ci fu un imprenditore in carcere per mafia che mandò il nipote a contattare il politico per garantirsi una serie di accordi pregressi al suo arresto, mai fino ad oggi mai c’erano state rivelazioni arrivate dal dentro al suo entourage.
Ninni Treppiedi è notoriamente un frequentatore dei salotti della città, ai pubblici ministeri ha deciso di rendere un’ampia testimonianza sugli affari del senatore al quale è stato vicino per tantissimo tempo. Nei verbali depositati dai pm Tarondo e Guido c’è la ricostruzione attualizzata anche dei fatti contestati al senatore D’Alì nel processo dove è imputato: dai rapporti con i mafiosi come i Messina Denaro, a quelli con gli imprenditori vicini a Cosa nostra o mafiosi loro stessi, sino al controllo degli appalti. Tra gli incarichi svolti da padre Treppiedi per conto di D’Alì anche quello di convincere l’ex moglie del politico, Picci Aula a non riferire particolari sui rapporti con i Messina Denaro e sulle illiceità commesse nella vendita della Banca Sicula.
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Ultima modifica: 19 Settembre ore 12:01