Quanti sono i migranti nel mondo d’oggi? Duecento, trecento milioni. Nessuno lo sa con precisione, anche perché non c’è un ufficio dove iscriversi, le statistiche lasciano il tempo che trovano.
Chi si occupa dei migranti? Il Papa se n’è occupato oggi, segnando una giornata importante e non solo per Lampedusa dove la sua coraggiosa donna sindaco, Giusi Nicolini, l’ha affiancato per tutta la giornata insieme a un prete del posto.
Dei migranti si sono occupati personaggi grotteschi come quel Bobo Maroni che dal Viminale annunciava catastrofi, tsunami umane ecc ecc. O come quel Berlusconi che arrivato a Lampeduisa pensò bene di annunciare la compera di una villa. O come chi raccoglie i cadaveri – a Scicli, per il locale cimitero – usando poi sulla tomba un foglio A4 con su scritto “Sconosciuto”, fogli che poi i venti si portano via.
Dei migranti si occupano poi Migrantes, per il ramo cattolico, come associazioni laiche tipo Dasud o l’ufficio delle Nazioni Unite per i rifugiati.
Poi se ne occupano i media stranieri, come il New York Times, che hanno scritto di come vivano in condizioni subumane quelli che sono riusciti ad arrivare in città come Roma abitando in Hotel Africa che sono lo sconforto assoluto.
Poi ci sono le mamme dei giovani tunisini scomparsi nella traversata, gli “harragas” di cui non si sa più nulla (nella foto).
I migranti sono milioni di persone che si muovono venendo via dalle guerre, dalla fame, dalla povertà. Ho incontrato a Riace due donne straordinarie che ora lavorano col sindaco del paese della Locride che li accoglie, Mimmo Lucano, ma che per arrivare su barchette fragili fragili hanno attraversato il deserto sopravvivendo a tutto.
Mi hanno raccontato di quel deserto in cui è facilissimo morire, molti sono morti soprattutto quando Berlusconi si alleò con Gheddafi garantendogli soldi in cambio di respingimenti. I respingimenti significavano per tanti essere ricacciati nel deserto, insomma la morte. Sono restate nel deserto scarpe, magliette, ossa. Di uomini, donne, bambini. Chi raccoglierà questi resti?
E poi le due donne, etiopi, mi hanno raccontato della Libia, dove per sopravvivere dovevano trasformarsi in musulmane (loro erano copte), tartassate dalle avances degli eroi del posto.
Che dire? Lampedusa non è ora più un posto da dimenticare. Bene. Ma il cammino da fare è ancora tanto, enorme.
Chi racconterà mai le sofferenze di milioni di persone che rischiando la vita e spesso perdendola hanno cercato un futuro verso questa Europa così gretta, arida, avida, gelosa del suo, spesso così poco generosa e meschina?