Dunque Stefano Cucchi è morto di malasanità. Le percosse non contano, non hanno paternità, contano solo i medici.
Eppure… La prova che Stefano Cucchi è stato picchiato nelle celle di sicurezza è nei suoi pantaloni macchiati di sangue. Con un lungo intervento l’avvocato Stefano Maccioni, che nel processo in corso per la morte di Cucchi rappresenta il Tribunale del malato e Cittadinanzattiva, aveva ricordato alla corte che c’è questa prova regina giunta da poco tempo a correggere la perizia iniziale della professoressa Cattaneo. “Non è vero quello che c’è scritto nella perizia – aveva poi dichiarato Maccioni – e cioè che la morte del giovane può essere dovuta al 50% da cause accidentali e per la restante metà da cause traumatiche. Il sangue sui suoi pantaloni, indagato con grande ritardo, indica invece che Cucchi è stato picchiato”.
La consulenza sui pantaloni macchiati di sangue è stata depositata poco tempo fa. A redigerla è stata la dottoressa Carla Vecchiotti del Policlinico Umberto I. Avventuroso il ritrovamento dei pantaloni, che erano finiti in un magazzino dell’ospedale Pertini. Molto netti invece i risultati forniti alla Corte dalla biologa genetista della Sapienza. Il sangue è di Stefano Cucchi e proviene dall’interno dei pantaloni in direzione dell’esterno. Chiare le conclusioni da trarne: quel sangue sui pantaloni, che al momento dell’arresto non erano macchiati, è frutto di lesioni intervenute durante la detenzione del giovane. “La perizia non si era curata di quelle macchie e non aveva cercato i pantaloni – aveva aggiunto l’avvocato Stefano Maccioni -. Per fortuna l’indumento è stato ritrovato ed è stata disposta la consulenza che ora ci dà un responso certo: Stefano Cucchi è stato picchiato nelle celle di sicurezza di Palazzo Clodio”.
E ora ecco questa sentenza che contiene conto di tutto ciò.
Non si commentano le sentenze? La lunga linea grigia delle sentenze in cui la magistratura deve farei conti con lo Stato coinvolto in morti perlomeno oscure assomiglia a un encefalogramma piatto. Tanto tempo fa si chiedeva come fosse morto Pino Pinelli. A parte il “malore attivo” escogitato dall’intraprendente Luigi D’Ambrosio poi da magistrato trasformatosi in uomo politico del Pd non mi pare che sia stata fornita altra risposta. Ed era solo l’inizio…
Solidarietà a Ilaria Cucchi e ai suoi genitori, solidarietà soprattutto a lei la sorella che ha avuto il coraggio di mostrare la foto della morte del fratello e con quella avviare una battaglia che non si ferma certo a questa sentenza di oggi. Ho avuto la possibilità di conoscerla, l’ho sentita parlare e spiegare, ricordare di aver deciso la sua difficilissima scelta col sostegno di Luigi Manconi e sull’esempio della mamma di Federico Aldrovandi, insomma la sua battaglia è anche la nostra.Durante un incontro con gli student i di Roma Tre