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Videla è morto portandosi dietro i segreti della dittatura argentina. Ma la battaglia per ritrovare i bambini allora “rubati” dai militari continua

Jorge Videla è morto. Poco tempo fa aveva fatto in tempo ad ammettere un po’ di omicidi. Come altro chiamarli? Aveva limitato il bilancio della strage dei desaparecidos a sette, ottomila persone. Chissà perché non aveva voluto ammettere che alle loro famiglie e a tutta la comunità, non solo argentina, i nomi che mancano superano la quota terribile di trentamila persone.

In quei giorni gli ha risposto Estela Carlotto dicendo in un’intervista che Videla ancora una volta mentiva.

Muoiono i dittatori dell’America Latina che hanno lasciato dietro di sé una larga scia di sangue. Poco tempo fa è morto l’ex ammiraglio Massera che aveva comandato, a fianco di Videla, la famigerata scuola Esma che ha inghiottito oltre cinquemila giovani dell’Argentina di allora facendoli scomparire nel  nulla. E prima ancora è morto Bordaberry, l’alleato golpista dell’Uruguay. E sette anni fa è morto Pinochet.

Scompaiono questi spietati organizzatori del terrore, ma non scompaiono le tragiche vicende che hanno firmato con i loro atti.

A bordo dei voli della morte, che il clan dei Videla e dei Massera organizzava per gettare nell’oceano i detenuti politici di allora, c’erano anche dei preti che impartivano l’estrema unzione, ipocrisia bestiale di una chiesa che allora col legato pontificio Pio Laghi era in gran parte compromessa con i golpisti e gli assassini. Il Papa che cosa sa di tutto questo? Niente? Il Papa non sa che nell’isolotto del Silenzio, sul Tigre, di proprietà della Curia bonaerense, venivano portati i cattolici sequestrati dai militari golpisti. Due anni fa quando in un Tribunale di Buenos Aires gli è stato chiesto cosa sapesse, lui il cardinale della capitale argentina, ha balbettato di non ricordare, di non sapere…

La morte di Videla forse servirà a liberare qualche altro ricordo di quegli anni funesti. La battaglia delle Abuelas che cercano i loro nipoti “rubati”alle madri che venivano poi ammazzate e dati a famiglie vicine ai militari è una battaglia che continua. Anche dopo la scomparsa dei principali responsabili di tutto quell’orrore.

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