Franco tiratore. Nella nostra lingua è arrivato dal francese franc tireur. E non aveva all’inizio un valore negativo. A portarlo in Italia è stato Giuseppe Garibaldi: è lui che arruolò un mucchio di franc tireurs nella sua compagine durante la guerra dei Vosgi contro i prussiani. Erano all’epoca una sorta di guerriglieri.
Poi pian piano il termine è scivolato, occhi sarebbe più giusto usare sniper, sì come quelli visti in azione diabolica a Sarajevo che sparavano sui bambini, snipers serbi che hanno fatto migliaia di morti finché – era presidente del consiglio Massimo D’Alema, guarda le coincidenze – l’Italia non decise di dare il suo nulla osta all’intervento Nato in Kossovo.
Come parola ha fatto dunque un percorso verso la negatività comportamentale, un po’ come l’aggettivo “perfidi” che all’inizio fu appioppato agli ebrei, parliamo dell’alto medio evo e del principio della lingua volgare. Questa storia semantica l’ho appresa dal Rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, durante una sua dotta prolusione. All’inizio dunque perfido voleva semplicemente dire “privo di fede”. Era una constatazione secondo l’ottica cristiana. Poi però, dai dai, l’aggettivo si è riempito di negatività. Un po’ come franco tiratore. Oggi è solo un perfido cecchino.