Dal 18 al 31 gennaio 2013, la galleria espositiva Baccina 66 ospiterà la mostra “Gaspare
Mutolo – il pittore”. Un’esposizione che racconterà la vita artistica dell’uomo di PartannaMondello (Palermo) noto alle cronache per il proprio passato da mafioso al fianco di Totò Riina e Saro Riccobono, ma che ha saputo intraprendere una nuova vita da pittore prima e collaboratore di giustizia poi (dal 1991) affidando le proprie rivelazioni ai giudici Falcone e Borsellino. Scelte, queste, che ne hanno veicolato il riscatto sociale. La mostra, il cui vernissage si terrà venerdì 18 gennaio presso gli spazi espositivi di via Baccina 66 a Roma, presenterà oltre trenta tele a olio che ritraggono la tanto amata Sicilia, la stessa terra che l’artista non ha più riassaporato e da cui è destinato a restato lontano per tutta la vita, tra tetti e casa dietro cui si staglia dolcemente il mare e un cielo ricco di sfumature.
Scrive di lui Fulvio Abbate:
“Gaspare Mutolo è stato per molti anni un celebre mafioso, e ancora lo ricordiamo come non
meno celebre collaboratore di giustizia, Gaspare Mutolo infine si è scoperto artista, pittore.
Come mio zio Franco, che mafioso non fu mai, bensì capitano di lungo corso fra il Mar Nero e il
Rio delle Amazzoni, Mutolo improvvisamente ha scoperto che la pittura, come un dono, può
restituirti il migliore dei mondi possibili, ciò che il pensiero politico ha soltanto cercato di
tratteggiare, inutilmente, se non con pessimi risultati. D’altronde, senza bisogno di fare ricorso
a una facile metafora, all’interno di ogni pennello risiede, almeno potenzialmente, l’universo,
ogni pianeta, ogni genere di atlante visivo.
Mutolo ha iniziato a dipingere nello spazio ristretto e infelice delle carceri, in cella.
Ciononostante proprio lì ha ritrovato il tempo e le figure della memoria della Sicilia
quotidiana, della sua Palermo. Forse perfino come tecnica di sopravvivenza interiore,
ginnastica poetica. Tecnicamente parlando, l’uomo segue le orme della pittura “selvaggia”,
istintiva, come già il Doganiere Rousseau, il pittore che fece impazzire Picasso e i Surrealisti,
nel senso che reinventava di volta in volta la proporzione delle cose, delle case, delle figure,
della stessa giungla con i suoi fiori. L’estro e la fantasia non mancano all’ex mafioso Gaspare
Mutolo, insieme a un grande senso dello stile, sia pure “grezzo”, impuro, naturale, che è poi la
cosa che permette di riconoscere “la mano” dell’artista.
Anche il mondo che Mutolo fa scivolare dal pennello sulla tela è, sia pure a suo modo, un
mondo immaginario: una Sicilia sognata, rimessa insieme con i nastri invisibili della memoria,
d’altronde anche lo scrittore Elio Vittorini in “Conversazione in Sicilia” mette al mondo
un’isola non meno trasfigurata.
D’altronde, come avevo già notato qualche anno fa sempre a proposito dei suoi quadri, lo
sguardo non ha bisogno di regole certe, né di punti fissi per esistere, lo sguardo infatti – e i
risultati della pittura di Gaspare Mutolo lo dimostrano – permette di stabilire di volta in volta
le proporzioni giuste, fa decidere qual è la forma di una città, di un paesaggio, di un albero, di
un cesto di fiori, una distesa di tetti. Come i migliori “naif”, infatti, Gaspare arriva al nucleo
della veduta che sceglie di restituire, dove altri, tecnicamente più bravi di lui, non vedremo
mai.”