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Democristiani di oggi: i volontari di Sant’Egidio volentieri risucchiati da Monti e dai suoi pifferai

Storia piuttosto penosa questa di Sant’Egidio ingaggiata da Monti come scrive l’Unità. Con l’occasione alcune considerazioni: anche i volontari di Sant’Egidio non sfuggono al meccanismo del collateralismo, vanno come un piccolo gregge là dove li trasporta iol loro fondatore Andrea Riccardi. A quel punto finiscono i distinguo, Monti viene acquisito con tutto il suo carico di decisioni spesso impopolari e sicuramente venate da un considerevole classismo. I volontari però tacciono e obbediscono, che dire di loro? Fanno abbastanza pena. Ma che cosa bisogna aspettarsi dai gruppi cattolici? Ecco la corrispondenza dell’Unità:

Sant’Egidio tra cene e imbarazzi
fa campagna elettorale per il prof.

La storica comunità romana per la prima volta si trova impegnata di fatto nelle elezioni. Ma dice: «Siamo estranei alla fase elettorale». Anche nella Chiesa qualche timore per l’eccessiva esposizione voluta da Riccardi.

Andrea Carugati 30 gennaio 2013-01-30

Dopo oltre 40 anni di vita e svariati rifiuti delle numerose proposte politiche ricevute, dal Campidoglio alla Regione Lazio, stavolta per la Comunità di Sant’Egidio, ribattezzata anche l’«Onu di Trastevere» per l’impegno pacifista nel mondo, è una sorta di battesimo del fuoco della politica. Un battesimo che entusiasma e imbarazza nello stesso tempo, come tutte le cose a lungo covate che all’improvviso diventano realtà. L’entusiasmo è quello di Andrea Riccardi, il fondatore, e del portavoce dimissionario Mario Marazziti, che è capolista a Roma della lista montiana.

L’imbarazzo è di chi tema la sovraesposizione di una comunità che ha sempre custodito gelosamente la propria autonomia e dialogato e mediato con tutti, sempre nell’interesse dei più deboli. E se Comunione e liberazione (da cui Sant’Egidio si stacca come una costola alla fine degli anni Sessanta) ha sempre fatto dello schierarsi nelle cose terrene un proprio punto d’onore (e ora si ritrova “sparpagliata” tra vari partiti), l’opposto era stato finora per i trasteverini di Riccardi.

Lui stesso, come Marazziti, era stato più volte lusingato con prestigiose offerte di candidatura, ma alla fine la risposta era sempre no. C’è voluto Mario Monti per convincerli al gran passo. Marazziti la spiega così: «Ho sempre ritenuto che le cose si potessero cambiare restando dentro la società civile. Ma a un certo punto un sistema politico così bloccato e così distante dalle persone normali richiedeva uno sforzo in più. E per me la scelta è stata quella della lista civica, con quei criteri così rigorosi che ci siamo dati». Marazziti sostiene che l’accoglienza alla sua scelta, fuori e dentro la comunità, «è stata di grande sostegno e solidarietà». Che «nessuno dentro Sant’Egidio mi ha sconsigliato questo passo».

Si racconta che molti aderenti si siano dati da fare per raccogliere le firme per Monti, insieme a quelli di Italia Futura. E tuttavia le spine non mancano. Come dimostra un esempio recentissimo. Un candidato delle liste di Samorì ha accusato la comunità di aver fatto raccolta di cibo davanti ai supermercati con i simboli della lista Monti. E Sant’Egidio ha risposto con un comunicato veemente che definisce «calunnie» le accuse di sostegno ai montiani e ipotizza azioni legali: «La Comunità non è coinvolta nella campagna, non usa le bandiere di Monti e non partecipa come suo costume alla fase elettorale».

Una durezza che in qualche modo contrasta con la visita che il premier, con la moglie Elsa, ha compiuto lunedì sera alla trattoria degli amici di Trastevere, uno dei fiori all’occhiello della comunità, un ristorante di eccellenza che offre lavoro a persone con disabilità. «Non è stata una cena elettorale», spiegano dalla comunità. Ma senza dubbio una serata dal sapore prettamente elettorale, con il premier che ha stretto mani e parlato dei principali temi dell’agenda politica, il discorso di Marazziti e la performance canora di un’altra candidata, Annalisa Minetti che ha concluso rivolta a Monti: «Ti spingeremo tutti verso un grande traguardo». Nella comunità nessuno nega che, almeno a livello personale, i voti andranno quasi tutti alla lista capeggiata da Marazziti.

E tuttavia c’è chi, come il professor Augusto D’Angelo, responsabile dei senza fissa dimora, ci tiene a sottolineare un punto: «Come Sant’Egidio non abbiamo mai dato indicazioni di voto e penso che non lo faremo neppure stavolta». Dunque la campagna Sant’Egidio la farà o no? «Io non so neppure come si fa, è tutto così nuovo», risponde Marazziti. «Figuriamoci se so cosa farà la comunità…». Sfumature. Dietro cui si nasconde un problema. O più di uno. A microfoni spenti c’è chi non si nasconde i timori per la mossa di Riccardi, che è stato uno registi dell’operazione Monti, con ambizioni molto elevate. Anche rispetto all’influenza sul mondo cattolico. Obiettivi che, finora, non sembrano raggiunti.

Così come appare un po’ fragile la futura compagine parlamentare, non più di 5-6 eletti sicuri riconducibili alla Comunità. Si racconta di un certo imbarazzo del vescovo di Terni, monsignor Vincenzo Paglia, uno dei riferimenti principali nella Chiesa, per la troppa esposizione politica. Voci che non trovano conferme ufficiali. Ma che restano sullo sfondo, mentre le relazioni personali e i legami di amicizia, lo spirito di squadra insomma, prendono il sopravvento. E portano la macchina di Sant’Egidio a muoversi per sostenere, senza eccessi vistosi, la lista montiana.

Quanto all’abbraccio con i “carini” di Montezemolo, Marazziti non si scompone: «Questa storia delle liste Rotary è falsa. E poi per ricostruire il Paese serve anche l’imprenditoria più illuminata». E tuttavia i rapporti con i partner non sono idilliaci. Come conferma illcaso di Alfredo Monaci, il candidato che stava nel cda Monte Paschi con Mussari. Quanto il suo nome è spuntato tra i montiani, tutti pronti, Italia Futura in testa, a etichettarlo come uomo «scelto da quelli di Sant’Egidio». Ma quelli della comunità, dopo quarant’anni sulle strade, hanno imparato a incassare.

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