Da Corriere Immigrazione riprendo questa cronaca su Firenze a un anno dalla strage dei senegalesi.
Presidio e convegno molto partecipati, il concerto al Mandela Forum sotto tono rispetto alle aspettative. L’associazione dei Senegalesi lancia una raccolta firme per la concessione della cittadinanza italiana ai tre feriti.
Ad un anno dalla strage di piazza Dalmazia, il 13 dicembre, Firenze ha ricordato i due morti, Modou Samb e Mor Diop, e i tre feriti, Moustapha Dieng, Mor Sougou e Cheike Mbengue, con una serie di iniziative lungo l’intera giornata. La città ha risposto caldamente al presidio e al convegno, un po’ meno al concerto. Il Mandela Forum si è riempito appena per un terzo. Il ministro star, Youssou n’Dour, ha dato forfait all’ultimo momento.
La giornata del ricordo è iniziata al Centro culturale islamico dove la comunità musulmana si è riunita in una preghiera alle otto del mattino. Pape Diaw, presidente dell’associazione dei Senegalesi di Firenze e Circondario, ha subito portato l’attenzione sulla sorte dei feriti (anche noi, per inciso avevamo sollevato la questione due settimane fa): «Moustapha, a distanza di un anno, è ancora in ospedale bloccato in un letto. Non lasciamolo solo, andiamolo a trovare». E ha rilanciato la proposta di conferire la cittadinanza italiana ai tre ragazzi, così come aveva proposto Enrico Rossi, Presidente della Regione Toscana, subito dopo la strage. A distanza di dodici mesi, di quella proposta si sono perse le tracce. Per questo, l’associazione dei Senegalesi di Firenze ha lanciato un appello, con raccolta firme on line, raggiungendo in pochi giorni 13.000 adesioni.
Nel pomeriggio, in piazza Dalmazia, il presidio ha visto molta partecipazione. Dal palco, Diaw ha chiesto al Governo di «varare un piano contro il razzismo». «Dopo quello che è successo durante la Seconda Guerra Mondiale, non è possibile che nel 2012 si piangano ancora persone uccise per il colore della pelle. Questa vuole essere la giornata del ricordo e del silenzio. In quanto il silenzio impone riflessione, la riflessione spinge a cercare, e la ricerca è azione». L’imam del Centro culturale islamico, Izzedin Elzir, ha invitato la città al dialogo, commuovendosi visibilmente durante il suo intervento. Silvano Sarti, partigiano e Presidente provinciale dell’Anpi, ha sottolineato il paradosso e la beffa crudele toccata a questi ragazzi, venuti in Italia per cercare una vita migliore e che invece vi hanno trovato la morte. Alla fine del presidio, i partecipanti hanno formato un corteo per le vie adiacenti alla piazza.
La commemorazione è poi proseguita a Palazzo Medici Riccardi, sede della Provincia di Firenze, con il convegno Rispetto e dignità. No al razzismo e alla xenofobia, e al Nelson Mandela Forum, con il concerto Jokko (in lingua wolof, “dialogo”). Prima che la musica iniziasse è stato trasmesso un videomessaggio del ministro dell’Integrazione e della Cooperazione Internazionale, Andrea Riccardi, in cui ha dichiarato che «Firenze e l’Italia dicono no al razzismo», e in cui si è detto convinto che la concessione della cittadinanza italiana ai tre feriti «sarà uno dei primi passi che dovremmo fare nella prossima legislatura». Lecito domandarsi cosa, fino ad ora, abbia impedito di farlo.
Francesca Materozzi