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Il 41 bis è un inutile esercizio di deterrenza. La situazione del boss mafioso Bernardo Provenzano è inaccettabile

Non va bene. Questa storia del 41 bis non va bene. Non solo ha prodotto il peggio e cioè la trattativa Stato-Mafia nonché le stragi decise dai vertici mafiosi, ma si rivela uno sterile esercizio di deterrenza e una strada senza ritorno. Che senso ha il 41 bis alla luce di quello che ipotizza la Costituzione? Nessuno. Si dice che senza il regime speciale i boss continuano a decidere e a dare ordini. Ma allora si controllino davvero i contatti dei carcerati pericolosi col mondo esterno. Oppure si deve pensare che tutta la struttura carceraria è permeabile, a partire dalla polizia penitenziaria? Ora Bernardo Provengano è nello stato descritto qui sotto dall’articolo di repubblica.it. Perché tenere un uomo così infermo in questa penosa condizione?

Forse è lo stesso motivo per cui Matteo Messina Denaro continua invece a operare vivo e vegeto nella provincia di Trapani, dove – si dice  da tempo – è ospite gradito di una struttura religiosa.  Per lui niente 41 bis.

Ecco repubblica.it su Provenzano:

PARMA – Bernardo Provenzano è in condizioni disperate e per i medici le possibilità che si svegli dal coma sono pochissime. L’avvocato Rosalba Di Gregorio, legale del boss in cella dall’11 aprile del 2006, ha chiesto la sospensione del regime carcerario duro, ma il Dap ha fatto sapere che per il momento non verrà revocata nei suoi confronti l’applicazione del 41 bis.

“E’ un costo inutile per lo Stato – aveva spiegato in mattinata l’avvocato Di Gregorio – . Al momento sette persone sono impiegate nella sua vigilanza in ospedale. Ed è dannoso per gli operatori sanitari e per i familiari che non hanno alcuna responsabilità”.

Il bollettino medico odierno non lascia molte speranze. Provenzano non risponde agli stimoli da quando è stato operato per la riduzione di un ematoma al cervello causato da una caduta nel carcere di Parma dove sta scontando l’ergastolo. I medici hanno più volte interrotto le terapie con cui veniva tenuto in coma farmacologico, ma il boss non ha mai ripreso conoscenza. “E’ in coma 4 – dice il difensore – e non è in grado di respirare autonomamente”. Ieri i medici gli hanno praticato una tracheotomia.

Il figlio maggiore, Angelo, è a Parma da due giorni ed ha ottenuto dal ministro della Giustizia l’autorizzazione a visitare il padre. Pochi minuti di un incontro sollecitato dai medici per vedere se il contatto con un familiare avrebbe provocato una reazione nel paziente. Il test è stato negativo. L’incontro è avvenuto sotto la sorveglianza delle videocamere.

Le condizioni del padrino di Corleone hanno reso impossibile ai periti incaricati dal gip di portare a termine le visite chieste dalla difesa per valutare la capacità mentale del boss che, per i parenti e l’avvocato, è ormai compromessa da mesi. La perizia, disposta nell’ambito dell’udienza preliminare sulla trattativa Stato-mafia in cui Provenzano è imputato, sarà depositata il 4 gennaio. E potrebbe comportare la separazione della sorte processuale del capomafia da quelle degli altri imputati.

La Procura di Palermo, intanto, continua a indagare su uno strano episodio accaduto in carcere il 12 maggio scorso, quando il boss fu soccorso dagli agenti che lo videro con un sacchetto in testa. Il Dap ha smentito l’ipotesi del tentato suicidio e i magistrati, che hanno aperto un fascicolo, vogliono capire se si sia trattato di una simulazione o di una manifestazione di uno stato mentale già alterato.

Due giorni fa nell’ambito di questa inchiesta è stato sentito il figlio minore del boss, Francesco Paolo. A lui, durante un colloquio in carcere, il padre avrebbe detto che lì qualcuno non gli voleva bene. L’accusa di maltrattamenti o una frase sconnessa? Il ragazzo, che insieme agli altri familiari, da mesi denuncia le cattive condizioni del padre, ha detto di non saper dare una risposta. Agli atti del fascicolo è finito anche l’interrogatorio a cui il capomafia è stato sottoposto il 31 maggio dai pm di Palermo: un tentativo di sondare la disponibilità a pentirsi di Provenzano seguito alla visita fatta in carcere al boss dall’eurodeputato Sonia Alfano e dal parlamentare Beppe Lumia. Nel colloquio, fatto di molte frasi sconnesse e di affermazioni a tratti criptiche, difficilmente potrebbero intravedersi spiragli di una collaborazione.

(20 dicembre 2012)

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