I due marò rientrati. Faranno le feste con le loro famiglie. Bene.
Ora rovesciamo la clessidra e vediamo cosa succede: due militari indiani a bordo di una nave commerciale indiana sparano vicino alle nostre coste su dei pescatori e ne uccidono due. Arrestati i due militari indiani vengono incarcerati. Secondo voi godrebbero di permessi natalizi per tornare in India?
Con l’occasione un ulteriore quesito: Ignazio la Russa vorrebbe presentarli alle elezioni. Proprio lui che ideando quel protocollo con la confitarma ha predisposto una anomalia non di poco conto, “affittare” alle navi commerciali italiane sessanta marò che poi in mezzo ai mari devono decidere che fare. Con quale catena di comando? Boh…
Suggeriamo ai cultori della materia un ulteriore scenario: i nostri militari mandati allo sbaraglio sparano contro presunti pirati in acque prossime all’Iran, paese che svetta nelle classifiche mondiali per la pena di morte (viene subito dopo la Cina). Potrebbe capitare, non è vero, di qua o di là dallo stretto di Ormuz…
Il problema non è dunque quello dei due marò, ma di tutti i marò che l’Italia, grazie a un sistema di cui sfuggono i paletti di legittimità, mette in condizioni pericolose se non peggio. L’operato dell’ex ministro della difesa La Russa, che ora pensa perfino di usare i marò come bandierine della sua nuova formazione, dovrebbe essere rivisto quanto prima dal titolare della Farnesina. Se non da quello rimasto in carica almeno dal prossimo. Non si mandano militari in giro per il mondo in queste condizioni. La soluzione che il ministro dell’interno starebbe predisponendo con l’ingaggio di contractor nel caso in cui non siano disponibili militari italiani è un escamotage che non risolve la legittimità del modo di operare: la domanda resta sempre una, chi è che decide quando usare la forza e le armi in pieno oceano? Poco cambia infatti se ad essere messi in pericolo siano militari o contractor.
