Non ha un nome, ancora, la giovane studentessa morta alle 4.45 del mattino del 29 dicembre a Singapore.
I giornali indiani l’hanno chiamata Amanat, Damini, Nirbhaya. Nomi di fantasia. Amanat in urdu vuol dire tesoro…Ma è Nirbbhaya, dice oggi il Times of India, il suo vero nome ed era nativa di Ballia nell’Uttar Pradesh, in una famiglia di contadini.
Era una studentessa di fisioterapia. Viveva a Ber Sarai, nella parte sud di New Dehli. Era salita in compagnia di un altro giovane di 28 anni a bordo dell’autobus diretto a Ber Sarai alle 21,30 dopo aver visto un film a Saket. Avevano appena visto, rivela il Guardian, la “Vita di Pi2: L’autobus era condotto da Ram Singh, un sick. A bordo cinque uomini amici suoi: suo fratello Mukesh Singh, altro sick, arrestato poi nel Rajasthan (nel carcere di Tihar gli altri detenuti gli hanno fatto ingoiare le feci e l’urina…), Vinay Sharma, un assistente istruttore di ginnastica, arrestato a Delhi così come Pawan Gupta, un venditore di frutta, il minore Raju,arrestato a Budaun, nell’Uttar Pradesh; e infine Akshay Thakur, a Delhi in cerca di lavoro, arrestato poi a Aurangabad in Bihar.
Miserabili sbandati che hanno assalito Amasat col suo compagno, chiedendo a quanto pare perché se ne andassero in giro a quell’ora. Il giovane è stato subito tramortito con un colpo al capo, non appena i due hanno protestato rendendosi conto che il mezzo aveva deviato dal percorso. Poi per un paio di ore i sei bruti hanno abusato della ragazza usando anche una chiave da pneumatici con cui le hanno distrutto l’intestino.
Alle 23.30 la ragazza e il giovane sono stati gettati giù dall’autobus. Li hanno soccorsi dei viandanti, che hanno chiamato i soccorsi. Poi è iniziato il calvario della ragazza, prima in un ospedale di New Delhi, poi al Mount Elizabeth di Singapore, il miglior ospedale del sud-est asiatico. Niente da fare, purtroppo.
Intanto in India è esplosa per più giorni la protesta e la polizia ha usato anche maniere forti contro i dimostranti. Cosa succederà ora nel nome di Amasat?