Molto livore e poca sostanza nel commento di Aldo Grasso (oggi domenica 22 dicembre su corriere.it) alla scesa in campo di Antonio Ingroia. Le frasi del magistrato bocciate come refrain di canzonette cheap. E sia. Grasso però si iscrive in questo slancio anti-Ingroia al folto gruppo di utilizzatori dell’aggettivo “presunta” per la trattativa Stato-Mafia. Quell’aggettivo serve a sospendere il giudizio sulle pagine più nere della repubblica, ma soprattutto è un’invenzioine comoda perché fa finta di non sapere che la trattativa è già oggetto di sentenze come quella di Firenze per la strage dei georgofili (marzo 2012) dove la questione occupa pagine e pagine delle motivazioni. O forse non lo sa.
Comunque ripassiamo la materia: la sentenza è della corte d’Assise di Firenze che ha sentenziato nel marzo 2012, poco tempo fa dunque e ancora fresca ne è la memoria, in merito alla strage dei Georgofili. L’ha più volte richiamata Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’Associazione familiari delle vittime della strage dei Georgofili, che poco tempo fa ha ricordato quella sentenza e ciò che ne consegue (vedi su questo blog il post del 24 giugno 2012 che riporto in calce).
La sentenza di Firenze dice che “una trattativa indubbiamente ci fu e venne, quantomeno inizialmente, impostata su un do ut des. L’iniziativa fu assunta da uomini delle istituzioni e non dagli uomini della mafia”.
Dopodiché, libero Aldo Grasso di avere in forte antipatia Antonio Ingroia. Però un conto sono le opinioni, un altro i fatti.