Informazioni che faticano a trovare spazio

Il Senato (123 no e 29 sì, Pdl astenuto) affossa la legge sulla diffamazione, col carcere ai giornalisti.

Riuniti sotto il segno della vittoria i giornalisti stasera al Pantheon. Si è festeggiato nonostante le non molte presenze al presidio-fiaccolata lo stop all’infausta legge sulla diffamazione. Il “miracolo” dei 123 no e dei 29 sì a scrutinio segreto è scattato alle 17,30. Per la legge che voleva dare il carcere ai giornalisti è stata la battuta definitiva di arresto.

Ma come si è arrivati a questo? L’effetto spappolamento del Pdl non basta da solo a spiegare il giro di boa dopo quel voto segreto di 131 senatori favorevoli al carcere per i giornalisti. Evidentemente la maggioranza dei senatori che la volta scorsa nel segreto dell’urna si era lasciata andare a una ventata folle quanto vendicativa nei confronti dei giornalisti – il carcere – si è vergognata oggi di quella scelta. Tutto ciò nonostante i tentativi penosi di difendere quella strada come ha fatto Francesco Rutelli avvitandosi su se stesso in tristissimo modo, una difesa inaccettabile che resterà agli annali del liberticidio. Sallusti ai domiciliari deve averli poi convinti che la prospettiva non poteva essere questa, nonostante il tentativo dell’emendamento Berselli (Pdl) di escludere dal carcere i direttori e di comminarlo solo ai giornalisti. E sull’articolo 1 il Senato ha detto no, liquidando di fatto l’intera legge.

Bene. La partita sull’informazione resta comunque aperta. I nodi sono una riforma giusta della legge sulla diffamazione e soluzioni per l’imperante precariato. Altro che casta dei giornalisti, è stato ricordato stasera al Pantheon: ormai in Italia ci sono 30 mila giornalisti e più che guadagnano meno di 8 mila euro l’anno.

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