Due mostre a Roma sull’impero romano che vanno in senso inverso. Partiamo dalla seconda, che s’inaugura il 28 ottobre e riguarda la tomba di Valerio Romolo, figlio di Massenzio, sull’Appia Antica all’altezza di Cecilia Metella nell’area del circo di Massenzio. Colpisce la data scelta per mostrare il restauro: non ha nulla a che fare col figlio di Massenzio morto a quindici anni. Massenzio invece divenne imperatore il 28 ottobre e poi fu sconfitto a ponte Milvio nella stessa data. Bene, ma che c’entra il 28 ottobre con Valerio Romolo? Nulla. Il 28 ottobre invece è da sempre un giorno molto caro ai fascisti, ricorda la marcia su Roma. Inevitabile ricordarlo. La scelta della data per l’amministrazione comunale è forse stata casuale? Beh, resta il dubbio di un richiamo neanche troppo dissimulato.
Conclusione, come chiamare allora il tutto? Marcetta sull’Appia?
La mostra che va invece nella direzione opposta è stata inaugurata la mattina di martedì 9 ottobre al Colosseo, con altre due appendici alla Curia del Foro e al Tempio di Romolo.
S’intitola “Roma Caput Mundi” ed illustra in modo molto serio e argomentato il modo di governare dei romani. Come ha detto uno dei due curatori, lo storico della Normale di Pisa Andrea Giardina, è la prima mostra rilevante che Roma ospita dopo l’Augustea del 1937 che fu allestita durante l’avventura coloniale fascista dell’Etiopia e che doveva servire a illustrare il carattere “romano” del regime.
La nuova mostra va invece in tutt’altra direzione e mostra il carattere di Roma città aperta verso gli altri popoli e di integrazione etnica. Come si legge in una frase riportata di Filippo il Macedone: “Fate come i romani, liberano gli schiavi e ne fanno cittadini”.
Naturalmente non vengono meno la ferocia e le sofferenze inflitte per la costruzione dell’impero, le guerre ai popoli vicini, il carattere guerriero dell’impresa. Ma l’accento viene posto anche sull’integrazione che guida la politica romana.
Il professor Giardina ha respinto una gratuita accusa di razzismo volta a Roma, dimostrando l’esatto contrario e l’assoluta noncuranza romana verso il fattore stirpe e il legame di sangue. L’opposto dei greci che erano molto legati invece alla consanguineità.
“Roma ha esaltato il meticciato”, ha ricordato Giardina. “E ne è derivata una forte osmosi sociale ed etnica”.
I romani, insomma, molto più avanzati degli attuali orientamenti che riguardano gli immigrati in Italia…I romani fautori dello ius soli e non ostaggio dello ius sanguinis.