Ma che Stato è mai questo. Dopo il ministro della salute che minimizza il ruolo micidiale dei fuochi dei rifiuti appiccati dalla camorra nel napoletano ecco il prefetto di Napoli che prende di petto un prete, padre Maurizio Patriciello (nella foto sopra di fronte a un rogo di rifiuti) “reo” di aver detto “signora” al prefetto donna di Caserta, Carmela Pagano. Eccolo il prefetto De Martino a fine corsa – va in pensione a fine ottobre – che invece di provvedere allo spegnimento dei fuochi della camorra che nella provincia nord di Napoli e nel basso casertano rendono micidiale la vita di oltre due milioni di persone se la prende con un prete anticamorra. E’ successo venerdì, un video che spopola ora sul web ripropone la scena.
Una scena seicentesca, come se fossimo nella Spagna di tre secoli fa, con l’hidalgo che dirotta i problemi sul galateo ecc. I fuochi sono una vergogna che va avanti da oltre un anno. Lo Stato che potrebbe usare i rilevatori satellitari (ma non li usa, li usano solo per vedere le regate come vanno) si risolve ad attaccare un prete.
Don Maurizio Patriciello è stato subito difeso da Roberto Saviano. Bene.
Su Facebook è appena nata una pagina che chiede che il Prefetto si scusi con don Patriciello. Gli inserimenti nella pagina sono piuttosto incazzati, c’è da capirlo, sono scritti perlopiù dai residenti di una zona abbandonata a se stessa., quella che tea Afragola e Casoria abbraccia l’hinterland in mano al crimine organizzato che ora non sversa più i rifiuti., li brucia direttamente la sera.
Me ne sono appena occupato per il libro sul Mezzogiorno che sta per uscire a fine ottobre “Uomini e donne del Sud “, Imprimatur editore. Il capitolo in questione si chiama l’Avvistatore di fuochi. Ho raccontato la storia di Lucio Iavarone. Leggete un po’, ma prima vi premetto la premessa che ho raccontato nelle prime pagine.
Ecco da “Uomini e donne del Sud”:
Un milione di napoletani. Sono il popolo che il nuovo sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, sta cercando di costringere a comportamenti virtuosi e a fare la differenziata. Ma tutto intorno, nell’area metropolitana che stringe d’assedio la città ci sono quasi altri tre milioni di napoletani, quelli di serie b, la vera Campania Infelix. Sono le nove di sera e ad Afragola sulla via Calvanese le finestre delle case vengono chiuse ermeticamente. E’ estate, ci sono 27 gradi anche a quest’ora, ma fuori è l’inferno. Non si respira, meglio l’afa. A perdita d’occhio è il regno immondo dei roghi che la camorra appicca ai rifiuti tossici. E’ l’ora dei veleni nella provincia a nord di Napoli e nel basso casertano. Dai terreni brulli di Afragola, Casoria, Cardito, Frattamaggiore si levano colonne di fumo intenso, nero e acre, che prende alla gola. Sono i fumi dei rifiuti speciali affidati alla delinquenza organizzata, scarti industriali, amianto, vernici, gomma, elettrodomestici cannibalizzati, insomma un delirio di veleni. Non si salva niente, ci sono perfino fornaci improvvisate come quella in uso a un gruppo di rom allestita in una villa sequestrata dalla magistratura a un boss della camorra e mai affidata a qualche onlus di buona volontà. In assenza delle amministrazioni pubbliche virtuose intervengono altri: lì dentro hanno scoperto che la diossina era il male minore. Poco distante sono stati rinvenuti anche i fanghi tossici di Porto Marghera, la denuncia è del magistrato Donato Ceglie. Antonio Crispino del Corriere della sera ha filmato questo scempio, il video che mostra le colonne dei fumi assassini è stato uno dei più cliccati sul corriere online nell’estate 2012, meriterebbe un premio. Così il racconto di Crispino: “Andiamo al Parco Verde di Caivano, dove niente si fa senza il benestare della camorra. Da lontano si vede uno di questi roghi appiccati che sale violento verso il cielo. Appena girato l’angolo ce ne sono già altri tre pronti a bruciare. Vengono camuffati tra i rifiuti urbani, nascosti tra un sacchetto e l’altro dell’immondizia per non dare nell’occhio. Mentre un rogo si spegne, un altro è lì, pronto ad accendersi. «Un poco alla volta» è il sistema che ha trovato la camorra per smaltire i rifiuti cosiddetti speciali tra Caserta e Napoli in quello che anche l’Arpac, l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, chiama triangolo della morte. Di notte, i roghi diventano centinaia”. Le conseguenze sanitarie sono micidiali: allergie, asma, neoplasie nel sangue e nel sistema respiratorio. Intervistati dal giornalista ecco cosa dicono alcuni medici. “Nonostante la gravità della situazione non abbiamo ancora operante un registro dei tumori, – ricorda Maurizio Aversano, endocrinologo dell’Asl Na2 – non abbiamo un registro delle osteoporosi, non abbiamo il registro delle malattie. Non so se volutamente affinché non si dicesse “abbiamo un netto impatto di…” o involontariamente». «È chiara la volontà di ritardare l’evidenza del disastro – afferma Antonio Marfella, tossicologo e oncologo dell’ospedale Pascale di Napoli -. Noi pur avendo la metà del consumo ufficiale di pesticidi d’Italia, abbiamo il picco di infertilità tra i giovani e il legame scientifico è noto. Siamo la regione con il picco di malattie tiroidee pur non avendo ufficialmente materiale radioattivo da smaltire». Sembra che il problema non sia dunque solo la camorra. Prendiamo il fronte dei controlli. L’Arpac, l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente Campania, non è dotata dei poteri di polizia giudiziaria per intervenire. Così ha voluto la Regione Campania che a suo tempo rifiutò nel suo Statuto i poteri di polizia giudiziaria. Ora l’assessorato competente si sta preoccupando di presentare un disegno di legge ad hoc. Ci sarebbe poi il Sistri (Sistema digitale per il controllo e la tracciabilità dei rifiuti), un metodo adottato dal ministero dell’Ambiente e mai avviato, efficace per individuare gli “sversatori”. E pèoi ci sarebbe pure il Marsec, un centro per il monitoraggio satellitare del Mediterraneo, l’hanno progettato all’’università del Sannio in collaborazione con la provincia di Benevento. Farlo funzionare però costa, ma il risultato è più che apprezzabile. Finora è stato usato nell’aprile 2012 per vedere dall’alto chi aveva organizzato meglio le regate della Coppa America, Napoli o Venezia. Quanto è bello lu mare…
Dopo questa premessa il libro torna più avanti sulla questione occupandosi di un cittadino molto attivo nei comitati contro i fuochi, Lucio Iavarone, di Afragola. Ecco:
L’avvistatore di fuochi
Cinquanta chilometri più giù è l’inferno. Un panorama assurdo e folle che Lucio Iavarone, project manager di un’azienda pubblica meccanica a nord di Napoli, conosce purtroppo a menadito. Quarant’anni, sposato, un figlio, il manager che abita ad Afragola nella fascia settentrionale della provincia di Napoli ha una sorta di secondo lavoro (non retribuito): fa l’avvistatore di fuochi. Fuochi della camorra.
Iavarone con i suoi scopre, documenta, segnala i roghi della campagna napoletana, quegli incendi da inferno dantesco che popolano ormai da molti mesi un’area in cui vivono due milioni di disgraziati napoletani e casertani.
L’ultima battaglia di Lucio ha la forma di una collinetta e si chiama Contariello. E’ una montagnola neanche troppo grossa, diciamo di quattromila metri quadri d’estensione, ricoperta di terra come se niente fosse. Sta al confine tra i comuni di Casoria e di Afragola.
La montagnola da un po’ di tempo è alquanto irrequieta, brucia assai. Eppure il posto è disabilitato da tempo, anzi è sotto sequestro da undici anni, quando in questo bacino di stoccaggio di rifiuti furono scoperti “sversamenti” abusivi di chissà cosa…
Vicino al Contariello c’è un cavalcavia percorso dalle auto che con le famiglie stipate vanno in visita alle vicine Ikea e Leroy Merlin, le due megastrutture commerciali molto gettonate dell’area. Quando arrivano sul cavalcavia i conducenti azionano in fretta la chiusura dei vetri delle auto, l’aria è pessima. “E’ una zolfatar, di monnezza – spiega Iavarone -. Nasconde una schifosa e incontrollata combustione di rifiuti. E’ una mostruosità abbandonata a se stessa, abbiamo sollevato anche questo problema nell’incontro insoddisfacente che a fine agosto 2012 abbiamo avuto col prefetto di Napoli Andrea De Martino…”.
Iavarone e i suoi non sono soli, si sono mosse anche l’Ikea e Leroy Merlin, il problema riguarda i due colossi da vicino. Ma questo, in fin dei conti, non è che uno dei tanti “fuochi” di questa vasta area in cui abitano due milioni di sfortunati campani…
“Perché ci muoviamo? Se non altro perché quando sentiamo il ministro della sanità del governo Monti ci vengono i brividi. Costui ama affermare che le patologie tumorali presenti nella nostra zona sono dovute alle nostre cattive abitudini alimentari…Mica si rende conto, questo signore, che qui invece è in corso un vero e proprio biocidio di massa. Qui da noi è come con l’amianto, tra qualche anno verrà interamente fuori l’orribile verità. E intanto a far fronte al peggio dobbiamo provvedere noi…”.
Noi. Cioè i Coordinamenti dei comitati dei fuochi della provincia a nord di Napoli. Si chiamano proprio così, la realtà è davvero spropositata. Lo strano organismo è nato nel giugno del 2012, riunisce una quarantina di comitati (piccoli, medi e grandi) e di associazioni, come la creatura di Lucio Iavarone che in origine suonava semplicemente come “No alle discariche nei comuni a nord di Napoli”. Ma scavalcata la dicitura d’origine oggi il problema è sfociato ben oltre, riguarda queste colonne nere di fumo che imperversano tra Casoria ed Afragola, Acerra e Pomigliano d’Arco, insomma tutta l’area che sta tra Napoli e Caserta dove la camorra di sera elimina ogni sorta di rifiuto speciale.
“Siamo partiti dai rifiuti solidi urbani – spiega Iavarone -. E neanche immaginavamo che quella situazione contro cui ci battevamo fungeva in realtà da copertura a un fenomeno ancor più peggiore, quello dell’eliminazione a cielo aperto di ogni sorta di residuo pericoloso e inquinante. La camorra ormai non seppellisce più i rifiuti tossici, ora li brucia tranquillamente in modo pubblico senza che nessuno intervenga. Chi affronta questo fenomeno? Solo noi, in fin dei conti. Cioè un centinaio di persone impegnate quotidianamente nell’azione promossa dai coordinamenti che raccolgono più in generale un migliaio di iscritti. Siamo pochi? Siamo tanti? Meno male che ci siamo…La lotta contro i fuochi è nata cinque anni fa. Tra noi ci sono professionisti di ogni livello e genere, molti medici, geologi, tecnici di vario tipo. Francamente non mi sarei mai sognato un giorno, io laureato in economia ed esperto di project managing, di dovermi mettere a caccia di questi sversamenti illegali e di queste combustioni cancerogene. Ma se non lo facciamo noi chi lo fa? Per favore però non chiamateci ronde…Noi siamo gente seria”.
Iavarone in settembre ha passato le sue giornate anche a contare le firme che poi i comitati hanno allegato alle denunce querele che i coordinamenti, stanchi di assistere all’inazione pubblica, hanno deciso di presentare in Procura a Napoli contro un bel gruppo di amministratori. Nel mirino il presidente della Regione e della provincia di Napoli, con i relativi assessori all’ambiente, più 42 sindaci del comprensorio.
“In Italia ogni anno vengono prodotti 130 milioni di tonnellate di rifiuti. Di cento si sa che fine fanno, 30 però scompaiono nel nulla. Noi pensiamo che buona parte, purtroppo per noi, finisce qui in Campania…”.
L’asso nella manica di Iavarone e compagni è la Chiesa, perlomeno quella di Caivano dove dalla loro parte sta il parroco padre Maurizio Patriciello (“scrive spesso sull’Avvenire”, spiega il manager) col sostegno dello stesso vescovo di Aversa Angelo Spinillo. “L’Avvenire da un paio di mesi dedica molto spazio a questo obbrobrio, è un fatto importante, la chiesa di qui è mobilitata dalla parte giusta”, aggiunge Iavarone. Intanto però si avvicina un nuovo imbrunire e sulla piana che dal giuglianese e da Santa Maria Capua Vetere punta verso i monti di Caiazzo, teatro 150 anni fa di scontri decisivi per l’Unità d’Italia, tornano gli incendi della criminalità organizzata. E la popolazione, inerme, corre a chiudere le finestre.