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L’Udc siciliana: a Trapani il suo esponente, candidato per Crocetta, ha fatto ritirare la Provincia dai processi penali…

Udc siciliana. Ha corso per Crocetta anche l’ex presidente della provincia di Trapani, Mimmo Turano. Non so, in questo momento, se sia stato eletto all’Ars. Quello che va però ricordato è uno degli ultimi atti della sua presidenza a Trapani, dove gli è subentrato alla vigilia delle elezioni il commissario Luciana Giammanco.

Nello scorso luglio – hanno riportato vari giornali – Turano ha prima firmato solenni protocolli antimafia – il protocollo della legalità –  alla presenza del ministro dell’interno Cancellieri, poi nei giorni successivi ha esonerato l’avvocatura della provincia dal costituirsi parte civile nei processi penali. Processi penali che riguardano spesso la mafia.

Prima di dimettersi dalla carica, Turano ha infatti chiesto agli uffici competenti di modificare il regolamento dell’ufficio legale. Nella fattispecie, si è deliberato che l’Avvocatura provinciale non abbia più fra le sue funzioni quella di occuparsi di materia penale, impedendo, di fatto, la costituzione di parte civile nei processi contro la criminalità organizzata.

Questa è ancora dunque il comportamento di esponenti dell’Udc, con l’aggravante di mandare simili segnali alla vigilia di  scadenze elettorali importanti cui si partecipa come candidati. Non mi risulta che Turano abbia risposto inqualche modo alle segnalazioni stampa di questo suo atto.

Nel mio libro in uscita in questi giorni, “Uomini e donne del Sud” (Imprimatur editore), ospito anche un colloquio con Totò Cuffaro detenuto a Rebibbia. Nell’incontro che ho avuto con l’ex presidente della regione siciliana, l’ex governatore ha espresso parole di pentimento ammettendo i suoi incontri pericolosi, incontri nati secondo le sue affermazioni dalla sua grande disponibilità a incontrare chiunque lo chiedesse comprese persone che accompagnate da servitori dello stato si sono poi rivelate tutt’altro. Riporto qui di seguito alcuni passi dell’incontro con Cuffaro. Ecco alcuni stralci:

“Mi auguro che al prossimo Presidente della Regione Sicilia non succeda di essere incarcerato come me. Certo, che da Rino Nicolosi in poi fino a me e al mio successore non c’è presidente che non sia finito nei guai giudiziari. Sono arrivato alla presidenza con due governatori che mi avevano preceduto andati in galera, con quello prima ancora indagato e ho lasciato il posto a uno rinviato ora a giudizio prima di dimettersi. Direi che in Sicilia c’è qualcosa che non va …”.

Carcere di Rebibbia, a Roma. Al primo piano del G8 in una stanzetta per i colloqui Salvatore Cuffaro detto Totò entra con un foglietto in mano. I suoi appunti per un incontro a cui assiste un ispettore della Polizia Penitenziaria.

In Sicilia ferve la campagna elettorale per il rinnovo del consiglio regionale, Totò Cuffaro – a suo tempo baciato da un milione e ottocentomila voti – segue a distanza gli avvenimenti, come detenuto che ha già scontato due anni e ne ha altri quattro ancora da fare.

Ha scritto un libro intanto che parla soprattutto di questo nuovo mondo in cui è ora totalmente immerso, il carcere. S’intitola “Il candore delle cornacchie”. Cuffaro ricorda che le cornacchie della mitologia greca erano bianche, belle ed affabili, poi dopo aver tradito il mandato di Apollo sono state trasformate in nere, brutte e guardinghe. Le cornacchie sono di casa a Rebibbia, poco tempo fa hanno cercato di allontanarle col suono registrato dell’aquila. Sono sparite per tre giorni e poi tornate. “I detenuti che hanno commesso delitti si ritrovano con un’immagine imbrattata, come queste cornacchie che ci fanno compagnia  – dice Cuffaro -. Ma anche i detenuti hanno il loro candore…”.

Bisogna partire dall’imbrattamento, dunque. Cuffaro lo spiega così: “Aldilà delle responsabilità specifiche ho sbagliato, fatto errori, ero sottoposto a rischi, sono andato a sbattere, è grave  – premette -. Però se mi fosse successa la stessa cosa in una regione del Nord o del Centro non sarei in galera e non sarei stato condannato. Il rischio in Sicilia per chi sta in politica è più grave e obbliga la magistratura a un maggior controllo. E sia. Detto questo voglio ricordare che la mia esperienza politica è stata all’insegna dell’essere avvicinabile da tutti. Tutti sapevano che bastava venire e che io li avrei ricevuti. Ho fatto il presidente fino alle 20 di sera e poi fino a notte inoltrata ho ricevuto chi chiedeva d’incontrarsi con me. Questo mi ha certo creato difficoltà. In Sicilia è difficile quando incontri la gente evitare quella persona che risulta poi sbagliata. Ma vale la pena rinunciare all’incontro con tutti per una persona sbagliata? Oggi starei certamente più attento. Un consiglio? Quando c’è aria che qualcosa non funziona nel verso giusto bisogna evitare…Ma come fai ad evitarlo quando persone che sembrano cristalline ti arrivano per di più scortate da funzionari delle forze dell’ordine, salvo poi scoprire che erano persone sbagliate?”.

Totò Cuffaro ha fatto come ogni giorno i suoi 60 giri di campo equivalenti a 12 chilometri. Correre lo aiuta a stare in carcere. E a mantenersi pronto a difendere il suo punto di vista, su vari punti. Per cominciare c’è la crisi dei partiti…

“La storia si ripete, con la crisi si verifica anche una crisi delle forme di rappresentanza e dei partiti – ricorda Cuffaro -. Non si è trovata una forma di rappresentanza adeguata, gli stessi movimenti che nascono nella società tendono poi a trasformarsi in partiti. Bisogna tornare a rappresentare la gente dando una più forte rappresentanza ideale. Non mi pare che sia stato il caso delle aggregazioni maggioritarie presentatesi in Sicilia per la nuova scadenza elettorale del 28 ottobre 2012, , unite solo dalla voglia di vincere. Ma così dove vanno? Così che rapporto possono avere con la popolazione e con i problemi dell’isola?”.

Cuffaro ha poi aggiunto altre considerazioni che qui tralascio. Rappresentanti dell’Udc alla quale ha appartenuto, schierata ora in Sicilia col Pd, non sembrano aver voluto fare troppo tesoro dell’esperienza del loro esponente finito in carcere e delle sue riflessioni di oggi.  Almeno non lo dimostrano recenti atti politici come quelli che abbiamo poco su descritto, in un’area come quella di Trapani in cui si annida – occorre ricordarlo – la testa del mostro mafioso, quel Matteo Messina Denaro che è sottoposto a processi in cui èp contumace proprio nelle aule di quella città.

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