Centinaia di morti, quasi 100 mila musulmani di Birmania costretti ad abbandonare le loro case, in Birmania è in pieno svolgimento un pogrom di vaste dimensioni nell’area occidentale del paese al confine col Bangladesh. Il mondo non se ne occupa granché, ma quanto sta succedendo nell’area di Sitve ai musulmani Rohingya – già ribattezzati i rom dell’estremo oriente – è abbastanza spaventoso. Ad attaccarli sono i birmani buddisti Rakhine, spinti dal Rakhine National Development Party (Rndp) che vuole eliminare la presenza degli 800 mila musulmani di Birmania.
Aung San Suu Kyi appare molto imbarazzata sul problema ed è arrivata ad interrogarsi sulla cittadinanza birmana dei Rohingya, mettendola in discussione. Penosa. Il Bangladesh confinante, attraverso il ministro degli esteri, appare poco ricettivo e cerca di evitare un passaggio in massa dei Rohingya nel proprio paese. Intanto i buddisti attaccano, sotto gli occhi indifferenti di tutti. Qui sotto uno dei pochi accenni che la stampa occidentale dedica al pogrom in corso che viceversa sta mobilitando i musulmani in vari paesi a partire dall’Egitto. Il richiamo è apparso nei giorni scorsi sull’inglese Guardian:
Rohingya refugees leave Burma to seek help in Bangladesh
On the eve of World Refugee Day on 20 June, Misha Hussain visited Rohingya refugees fleeing to Bangladesh. Over 90,000 have been displaced due to violence between Muslim Rohingya and Rakhine Buddhists in Burma, according to the UN. But the Bangladesh foreign minister, Dipu Moni, said her country is not obliged to take in the refugees as it is not a signatory of the 1951 refugee convention. Aung San Suu Kyi, the Burmese opposition leader, said this week she ‘didn’t know’ if the Rohingya could be regarded as Burmese citizens