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Persepolis e la libertà di espressione in Tunisia

Da  Yalla Italia “il blog delle seconde generazioni” riprendo questo intervento di Leila El Houssi (2.5.12):

Persopolis e la libertà di espressione in Tunisia

Lo scorso ottobre, alla vigilia delle elezioni per l’Assemblea Costituente, la rete televisiva tunisia Nessma ha mandato in onda il film a fumetti scritto e diretto da Vincent Paronnaud e Marjane Satrapi: “Persepolis”.
Tratto dal libro autobiografico a fumetti di Marjane Satrapi, il film racconta il regime iraniano di Khomeini attraverso gli occhi della protagonista.

Ambientato in un momento storico alquanto complesso, qual era quello del regime khomeinista, il film riesce a stravolgere l’immagine stereotipata dell’Iran, soffermandosi sugli aspetti della vita quotidiana del popolo iraniano. Si tratta di un’opera cinematografica intensa in cui non manca un giudizio severo anche nei confronti dell’Occidente dove Marjane ha avuto occasione di risiedere durante l’adolescenza. Un occidente dall’accoglienza diffidente che produce in lei talvolta imbarazzo e talvolta sofferenza. Un occidente, infine, incapace di trattenerla nonostante vi si respiri la libertà. Il rientro volontario nel suo paese si rivela però tutt’altro che rassicurante in quanto l’Iran è molto diverso da quello che Marjane ricordava.

Dopo la “radiosa rivoluzione” del 1979 i cambiamenti radicali avvenuti in Iran vengono dipinti con una straordinaria sensibilità nel film attraverso la dimensione autobiografica di una donna che ci conduce a riflessioni importanti. L’intera narrazione ruota intorno ai personaggi della sua famiglia, che provengono dall’alta borghesia iraniana, ed è un continuo transitare tra storia e memoria.

Ma questo straordinario dipinto sembra non aver sortito il medesimo effetto di quanto invece siano riuscite a produrre alcune scene del film nella sua messa in onda nella Tunisia pre-elezioni dello scorso ottobre. Si tratta di alcuni momenti in cui nel film appare la giovane Marjane che conversa con Allah. Il film viene considerato blasfemo dagli appartenenti al movimento salafita in quanto Allah viene raffigurato e questo violerebbe “i sacri valori dell’Islam”. La reazione da parte dell’area salafita non si è fatta attendere e la televisione Nessma ha subito un assalto ed è stata incendiata.

In questi giorni si è riaperto il processo contro il patron della televisione, Nabil Karoui, accusato di ”attentato ai costumi e ai valori del sacro’.
Un’accusa che inevitabilmente desta preoccupazione in seno alla società tunisina e non solo. Anche a livello internazionale, infatti, ci si interroga sull’esercizio della libertà di espressione nella Tunisia post-rivolta.
Il partito islamico Ennadha sembrerebbe aver preso le distanze da quanti si sono scagliati contro Nessma portandola in giudizio. Già lo scorso gennaio il partito ha preso posizione sostenendo “l’inviolabilità del diritto di esercitare la libertà di espressione” e ha affermato che “le persecuzioni giudiziarie nell’ affaire Nessma-Persepolis” non erano certo “la soluzione migliore”.

In questa riflessione appare chiaro come l’intento del partito Ennadha, in questo momento alla guida del paese, sia di allontanare l’immagine stereotipata di un Islam che alimenta uno spirito di intolleranza.
Tuttavia esiste una parte della società, di tradizione salafita, che si riconosce in un Islam “dai tratti originari” e combatte una dura battaglia nella sfera pubblica contro la modernità.
E’ una strategia che intende produrre una re-islamizzazione dal basso e a rafforzare l’identità islamista. Questa re-islamizzazione mira alla reinterpretazione di taluni diritti in chiave neotradizionalista destrutturando quel processo di laicizzazione dall’alto svolto in precedenza nel paese, accusato di aver prodotto la crisi dell’identità collettiva islamica.

Tuttavia a mio avviso appare difficile in un paese “islamicamente laico” come la Tunisia orientare ideologicamente la comunità in tal senso.
La visione salafita tesa a una reinterpretazione dell’Islam – perché di questo si tratta – molto difficilmente potrà attecchire nella nuova Tunisia. Il profilo del popolo tunisino, che con coraggio ha abbattuto un regime liberticida che durava da trent’anni, si discosta infatti notevolmente dal neotradizionalismo islamista.
Si tratta di un popolo figlio della transculturalità e che, pur volendo appartenere all’Islam, non si riconosce in un’ideologia islamista. Lo dimostra la forte attenzione da parte dell’intero paese nei confronti del processo contro Nessma, che é ancora in corso.
Il popolo tunisino sa bene che, al di là del caso giudiziario, ad essere in gioco è la libertà di espressione.
Una libertà che la Tunisia, pur nel rispetto del pluralismo, ha conquistato e che non si farà scippare così facilmente.

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