French Dream
di Raja ElFani
Come gli Dei nei rituali sacri, la sociologia elettorale invoca grandi concetti che devono trascendere l’individualismo, bestia della civiltà moderna. Il discorso di Hollande politeista ha mirato precisi valori politici destinati a fiorire, con una coscienza dei tempi attuali tutta rivolta alla moderazione. Malgrado la pressione europea, il nuovo Presidente francese ha cercato di risvegliare, fra le dovute cortesie populistiche, l’amore per la nazione. Retorica difficile da scavare in un paese multietnico, inganno estremista a parte. Funziona la massiccia provocazione delle bandiere rosse e straniere (Algeria, Palestina) ieri alla Bastille, ma anche se la Francia ha una identità collettiva complessa, resta disincantata: il cardine sul quale premere è il realismo. La cultura gallica malgrado le mescolanze rimane scettica, il lavaggio nordico delle emozioni lascia poco terreno fertile all’entusiasmo popolare, e il cromatismo sarkosista già sbiadisce come, più lentamente, il berluconismo in Italia. La Francia è una democrazia senza fronzoli in cui la sinistra fa fatica ad iniettare umanismo.
Comunque non dovrebbero mancare gli effetti: la vittoria socialista politicizzerà Monti fin qui inibito dal ruolo tecnico e attiverà una proposta federale meno finanziaria a livello europeo. Il passaggio a sinistra dovrebbe costringere al coming out le istituzioni del potere e gli organismi che lo strutturano, difficilmente percepibili come neutri nel contesto progressista. Dopo il deficit greco e la crisi italiana, e ora con il cambiamento francese, l’Europa vive dal 2011 il suo primo periodo trainante che potrebbe dare esito ad una inesorabile unificazione. Nonostante la Merkel oggi metta i primi paletti (inamovibile sul patto fiscale), l’amalgama europeo ha fatto presa nella concentrazione demografica più variegata del mondo.
Hollande deve ora comporre il suo governo in attesa delle legislative di giugno, per alcuni troppo ravvicinate, e l’ex-moglie Ségolène ambisce alla presidenza della Camera. L’investitura già soprannominata molle di Hollande normalizza la democrazia sotto tono della crisi finanziaria, sovrastata in Grecia e in Italia. La partecipazione francese all’80% è il segnale di una fede cittadina rivitalizzata che deve ancora trovare la sua massima espressione. I Greci sperimentano il rischio del disappunto nel voto con la vincita ultraconservatrice, esprimendo una disperazione che non ha voce diretta nel sistema democratico. _ Raja ElFani