Rignano, non è successo nulla. O meglio: è successo di tutto. Il problema fin dall’inizio è stato come sono state raccolte le voci dei bambini. La psicologa che li ha sentiti non ha rispettato i protocolli sulla questione ascolto bambini per abusi. Niente registratore, niente di niente se non l’intreccio sempre più pericoloso con gli interventi degli adulti che filmavano i propri figli.
Seconda questione: a Rignano, come ho ripetutamente scritto, pochi anni prima di questa vicenda se ne è sviluppata un’altra analoga con una conclusione di archiviazione. Anche lì una scuola (la media), anche lì un nutrito gruppo di genitori che accusa un insegnante di musica, anche lì il gip che poi si sarebbe occupata della nuova vicenda ecc ecc. Curioso no, che in un paese di 5 mila anime, si verifichino a ruota due vicende molto simili di pedofilia e che poi la prima vicenda finisca nell’oblio. Succederà anche a questa?
Terzo punto, gli interventi esterni: non solo Forza Nuova in cerca di capestri, ma anche le organizzazioni dedicate da tempo alla pedofilia e criticate in alcuni casi per eccesso di zelo. Quanto influiscono sul corso delle vicende?
Detto questo, gli accusati sono innocenti? E chi lo sa…La sentenza credo, si vedrà nelle motivazioni, spiegherà che questa era una vicenda che stava poco in piedi.
Non è successo nulla allora? E chi lo sa…Quando le investigazioni sono fatte male, e questo purtroppo in Italia succede troppo spesso, poi dopo la frittata è fatta. A scapito di tutti, a partire dagli accusati che sono astati toccati da questa accusa piuttosto infamante e dalla quale è difficile retrocedere prima del punto di partenza.
Personalmente, mentre molti colleghi inzuppavano la penna nelle ardite parole del gip al momento degli arresti, mi sono preoccupato fin dall’inizio di sentire anche cosa avevano da dire gli accusati. Un consigliere regoonale accettò di andare in carcere a sentirne gli umori. Il suo resoconto fu pubblicato in prima pagina del corriere della sera. In quel momento moltissimi erano presi invcece dalla voglia di gettare via la chiave delle celle in cui erano stati chiusi i cinque ignobili “pedofili”.
Paolo Brogi