Diaz: il dibattito ad Ancona sul film, presente il registra Vicari. Il resoconto delle osservazioni fatte da Sergio Sinigaglia:
Giovedì era sono stato invitato da un cineforum di Ancona ad intervenire in occasione della visione del film “Diaz”, iniziativa alla quale era presente anche il regista Daniele Vicari. Come è noto il film ha sollevato un vivace confronto, un po’ scaduto di tono con l’intervista dello stesso Vicari ad Alias dove, pur sostenendo legittimamente le sue tesi, attaccava pesantemente sul piano personale Vittorio Agnoletto, il quale a sua volta aveva scritto un lungo articolo su il manifesto in cui sollevava critiche al film. Confesso che ero riluttante ad accettare l’invito anche perché già “scottato” dal film di Giordana su Piazza Fontana che ritengo veramente irritante, dal punto di vista dei contenuti, per i motivi che Gigi Sullo ha lucidamente illustrato in un articolo sempre su il manifesto. Alla fine ho accettato anche perché la ritenevo un’occasione per sollevare le mie eventuali perplessità. Dico subito che rispetto a “Romanzo di una strage” Diaz provoca reazioni diverse. In primis ha l’indubbio merito di rilanciare l’attenzione e la denuncia su Genova, lo fa con una scelta ben precisa che il regista ha detto chiaramente rispondendo alle mie osservazioni: decontestualizzando il tutto e incentrando l’attenzione sulla Diaz e Bolzaneto, voleva sottolineare come si sia trattato del nostro Garage Olimpo, di una cosa mostruosa fatta però “da essere umani”, uno stupro collettivo senza precedenti. Di questo gliene ho dato atto come ho sottolineato, nella prima parte del mio breve intervento (ho reputato giusto non farla troppo lunga per consentire ai tanti presenti di fare le domande al regista) come ho rilevato che il film ha un altro merito, quello di rilanciare l’attenzione su un altro nodo gordiano che non abbiamo sciolto in questo sciagurato Paese: la democratizzazione delle forze di polizia. E qui ho ricordato anche come persona un tempo impegnata su questo fronte alcune cose della seconda metà degli anni Settanta, in particolare la vicenda di Franco Fedeli. Per i più giovani ricordo che Fedeli era direttore del settimanale “Ordine pubblico”, l’organo dei poliziotti di allora che affrontava le problematiche della categoria. Alla fine del 1976 fu cacciato dall’editore perché pose per la prima volta la questione della creazione del sindacato di polizia. Fedeli non demorse e diede vita ad un nuovo settimanale, “Nuova Polizia” che fu fondamentale, insieme alla mobilitazione degli agenti e delle forze democratiche, per far nascere il sindacato. E’ da tenere presente che su questa onda dopo qualche mese il capitano Margherito della celere di Padova, con un coraggio unico per quei tempi, denunciò in una clamorosa intervista le malefatte dei celerini padovani. In particolare come i manganelli avessero un tondino di ferro dentro. Ma torniamo alla serata di ieri. Sottolineati gli aspetti positivi sono passato alle critiche. E le principali come ha rilevato Agnoletto sono appunto la mancanza del contesto e le ragioni del movimento. Ho fatto notare che la macelleria non c’è stata solo alla Diaza o a Bolzaneto ma che è iniziata il venerdì. Inoltre ho sottolineato come i genovesi siano stati completamente esautorati dalla possibilità di girare liberamente nella loro città e fatto notare che anche su questo aspetto il film sorvola. Si vede solo uno dei ragazzi del social forum che per tornare a casa deve far vedere un documento ad un poliziotto che gli apre la grata metallica. Così come ho ricordato le responsabilità politiche. Poi sono iniziate le tante domande che hanno posto questioni più strettamente legati alla trama del film. Devo dare atto a Vicari che ha ammesso che le critiche fatte sulla decontestualizzazione del film sono giuste, ma ha ribadito il perché della scelta fatta.
Altro motivo di attrito, anche se molto civile, c’è stato verso la fine del dibattito quando Daniele continuava a parlare dei “dirigenti del movimento” e ha fatto riferimenti implicito alla polemiche con Vittorio Agnoletto. A questo punto ho ripreso la parola dicendogli che il movimento non aveva “dirigenti”, per fortuna, che alcuni hanno avuto un ruolo di portavoce in quei giorni, che certamente c’erano e ci sono le componenti organizzate, ma il “popolo”, la “moltitudine” di allora come di adesso non si “fa dirigere” da nessuno. E’ una delle peculiarità dei movimenti di oggi che li differenziano da quelli di ieri e l’altroieri. Mi è rimasta sul microfono un’altra domanda. Il film inizia con la scena di un gruppetto di ragazzi del black blok che poi saranno presenti nel film, una storia vera ha precisato Vicari, raccontando anche alcuni aneddoti sui giovani francesi, scena dove si vede che spaccano alcune vetrine e incendiano un auto. Iniziare il film con un’immagine simile è piuttosto discutibile per usare un eufemismo perché si induce chi guarda a pensare che la repressione della polizia in qualche modo è “giustificata” da quelle cose.
Insomma concludendo: il film si deve andare a vedere, i limiti sono evidenti e vanno spiegati soprattutto a chi non c’era, ma ripeto è un film che è un bene che stia girando il mondo visto che l’Universal lo ha acquistato. Poi è vero che come ha scritto Gigi Sullo “abbiamo un problema”…
Sergio Sinigaglia