Singolare modo di argomentare quello che Pierluigi Battista ha esibito ieri sul supplemento “La Lettura” del Corriere della sera contro gli “ossessionati” del complotto per l’omicidio di Pier Paolo Pasolini.
Legittimo certo pensare che in Italia ci sia un abuso del ricorso al complotto per cercare di dare una spiegazione ai numerosi casi irrisolti. Arbitrario però è adottare a sostegno della propria tesi – l’ossessione del complotto da parte di intellettuali e politici (i nomi citati in proposito sono quelli di Mario Martone, Walter Veltroni, Carlo Lucarelli ecc) – l’ignoranza palese di alcuni fatti fondamentale per quanto riguarda l’omicidio Pasolini: in primo luogo l’esistenza di un’inchiesta della Procura di Roma che da poco tempo ha riaperto un fascicolo sull’omicidio affidandone la gestione al pm Francesco Minisci il quale sta effettuando una serie di ricerche piuttosto interessanti e ha attivato allo scopo anche i carabinieri dei Ris (che non sono attivati dagli intellettuali come sembra pensare invece Battista).
Ecco, nel voluminoso scritto di Battista che occupa due pagine della “Lettura” questo dato di fatto – l’inchiesta riaperta da poco tempo – appare singolarmente ignorato ed evitato: anche il pm è allora un italiano “ossessionato” dal complotto o sta invece facendo quello in parte che si poteva già fare durante il processo a Pelosi? In secondo luogo il ribadire che Pino Pelosi è l’assassino di Pasolini – insomma è questa la verità che ereditiamo – omette da parte di Battista che le sentenze che lo riguardano parlano di omicidio in concorso con ignoti. E allora? Dove sta il problema? E’ forse intelligente dire che basta così, la questione è chiara, cosa si vuole ancora cercare ecc.
Francamente la parola ignoti mi pare degna di approfondimento. O no? Sulla tavoletta insanguinata con cui è stato colpito Pasolini i Ris avrebbero riscontrato non solo un dna, quello della vittima. Se è così, appare interessante sapere quale altro dna risulta.
Pelosi nel suo recente libro descrive, per quanto riguarda l’agguato, un uomo con la barba e di un secondo ricorda l’accento siciliano. Pur dovendo prendere con le molle il suo racconto anche questi elementi appaiono interessanti.
Da parte mia ho raccolto poco tempo fa la testimonianza oculare di un allora giovane ebreo russo profugo a Roma e oggi insegnante di matematica a New York, Misha Bessendorf. Il modo con cui sono giunto a conoscenza dell’esistenza di questo testimone è descritto nei miei post (su questo blog www.brogi.info): è frutto di una segnalazione di un mio conoscente italiano che vive a New York, il contattato poi non si è mostrato affatto in cerca di visibilità o notorietà, semmai l’opposto. Quanto a ritenerlo inattendibile non ho strumenti particolari per poterlo stabilire, mi sono limitato a raccoglierne la versione che giudico molto interessante nel corso di un paio di mesi. Aspetto ora di vedere che cosa ne vorrà ricavare il Pm al quale ho fornito tutto il materiale idoneo sull’intervista effettuata e al quale l’avvocato Stefano Maccioni ha appena fatto una formale istanza per sentire il nuovo testimone.
Si spera così da più parti di ottenere novità vere su questo delitto italiano di cui tutto si può pensare meno che definitivamente risolto.
Paolo Brogi